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La grande Morìa: l’estinzione di massa da cui dobbiamo imparare

In passato ci sono già state delle grandi estinzioni causate dallo sconvolgimento climatico, ma la più grande e famosa è stata sicuramente la “Great Dying“. Tale evento è avvenuto oltre 252 milioni di anni fa e causò la scomparsa di oltre 70% delle specie terrestri e circa il 95% di quelle marine. Questo in realtà non è una novità, sono dati stimati da decenni, ma dei nuovi particolari sono emersi di recente.

Il motivo dell’estinzione è da attribuire a una serie di vulcani presenti in Siberia. Delle violente e continue eruzioni hanno liberato nelle atmosfera una massiccia quantità di gas serra con conseguente aumento della temperatura a livello globale. Da qui a spiegare il perché della morte del 70% di creature terrestri non ci vuole molto mentre spiegare il perché di quelle acquatiche è un altro paio di maniche.

 

Imparare dal passato

La spiegazione per questo tassello mancante è arrivo solo di recente grazie ad ulteriori studi. Apparentemente l’aumento delle temperature dei mari ha inficiato sulla quantità di ossigeno presente nell’acqua impedendo così la sopravvivenza.

Per quanto possa suonare ridondante, imparare da questo fenomeno è fondamentale per capire quello che potrà succedere in un futuro non troppo lontano. L’aumento proprio dei gas serra, un incremento basato sullo stato attuale delle cose, porterebbe ad un innalzamento della temperatura dei mari pari al 20% di quella sperimentata 252 milioni di anni fa entro il 2100.

Delle simulazioni a computer hanno provato a capire cosa succederebbe se la temperatura degli oceani aumentasse di 10° e il risultato è un estinzione di massa con una schema preciso. La fauna marina più a rischio è quella presente nei fondali marini e quella presenti nei climi più freddi. Resistono meglio quelli presenti ai tropici in quanto più abituati a temperature elevate e alla scarsa presenza di ossigeno.

L’effetto serra sta aumentando e il risultato finale lo conosciamo già.

Giacomo Ampollini

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