Diventare ecologici e sostenibili non è solo questione di salute del nostro pianeta, ma è anche questione d’affari. Sempre più aziende cercano di raggiungere l’obbiettivo e i consumatori sono spesso disposti a pagare di più per prodotti ecologici rispetto ad altri prodotti comparabili sul mercato. Tuttavia non tutte le rivendicazioni ambientali vengono create allo stesso modo.
È il cosiddetto fenomeno del Greenwashing, che si può tradurre come “ecologismo di facciata“. È una forma di disinformazione spesso utilizzata per attirare un aspirante consumatore verde. Le aziende che promettono di essere sostenibili, biodegradabili o attente all’ambiente a volte non riescono a mantenere le promesse che fanno ai consumatori.
Mentre milioni di persone si preparano a spendere i loro soldi in vista del Black Friday e Cyber Monday, gli esperti di greenwashing forniscono ai consumatori consigli per spendere al meglio con aziende affidabili. Le forme di greenwashing sono molto difficili da scoprire. Sebbene alcune affermazioni ambientali possano essere in parte vere, le aziende impegnate nel greenwashing, in genere, esagerano i propri meriti relativi alla sostenibilità, nel tentativo di fuorviare i consumatori, di fare “bella figura”, di migliorare la propria awareness su una tematica molto calda al momento.
Il termine viene fatto risalire agli anni ’60, quando l’industria alberghiera affisse i primi avvisi nelle camere d’albergo per chiedere agli ospiti di riutilizzare gli asciugamani, a salvaguardia dell’ambiente. In quel momento storico, l’obiettivo degli hotel era semplicemente quello di beneficiare di minori costi di lavanderia. Ovviamente non si tratta sempre di qualcosa di malvagio. Avvolte le azioni intraprese dalle aziende sono davvero positive anche se i risultati poi sono pur sempre negative.
Tuttavia cosa possono fare i consumatori a riconoscere il greenwashing e tutelarsi? E come le aziende possono evitare di incappare in questo pessimo approccio inconsapevolmente? Anche la Consob sta cercando di trattare una linea guida da seguire per riconoscere il fenomeno. Una ricerca italiana del 2021 ha evidenziato come, su 1300 annunci pubblicitari analizzati, ben l’83% fosse in realtà tacciabile di greenwashing per l’inconsistenza del beneficio ambientale millantato. Fidarsi solo di certificazioni oggettive e riconosciute è il primo passo, evitando invece di fare affidamento o di mettere in luce termini generici. Da evitare le affermazioni assolute, come il famigerato “zero emissioni”, obiettivo praticamente impossibile da raggiungere per qualsiasi tipo di prodotto o servizio.
Conoscere il greenwashing e come funziona è un modo efficace per i consumatori di evitare di dare i propri soldi alle aziende che fanno affermazioni false. Vista a crescente attenzione al fenomeno, in risposta all’incremento dei casi di comunicazione e spot pubblicitari mascherati da green claim, nel Vecchio Continente si stanno muovendo i primi passi per dotarsi di una normativa ad hoc che possa tutelare maggiormente i consumatori da queste pratiche scorrette. Già a marzo scorso, la Commissione europea ha presentato nuove regole che mirano a mettere in guardia gli utenti e far sì che prendano decisioni consapevoli, attente e sostenibili.
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