Gli scienziati che si impegnano per capire come e quando i vulcani potrebbero eruttare devono affrontare una sfida: molti dei processi avvengono in profondità nel sottosuolo, in gallerie di lava solidificata che si fondono con la pericolosissima lava liquida. Al momento dell’eruzione, ogni marcatore sotterraneo che avrebbe potuto offrire indizi che indicassero un’imminente esplosione viene spesso distrutto. Ma gli scienziati hanno recentemente compiuto un’importante scoperta che può aiutare a comprendere il comportamento nascosto del vulcano Kilauea.
Facendo leva sulle osservazioni di minuscoli cristalli di olivina minerale formatasi durante una violenta eruzione avvenuta alle Hawaii più di mezzo secolo fa, i ricercatori della Stanford University sono riusciti a testare modelli computerizzati del flusso del magma, che potrebbero rivelare nuove conoscenze sulle eruzioni passate ed eventualmente aiutare a prevedere quelle future.
Jenny Suckale, assistente di Geofisica alla Stanford’s School of Earth, Energy & Environmental Science, spiega che è effettivamente possibile dedurre gli attributi quantitativi del flusso prima dell’eruzione dai dati relativi ai cristalli e conoscere i processi che hanno portato all’eruzione senza perforare il vulcano. La professoressa Suckale, autrice senior dello studio, afferma di aver sempre sospettato che questi cristalli fossero molto più interessanti e importanti di quanto si creda.
La scoperta dei cristalli, di dimensioni millimetriche, ha fatto seguito all’eruzione del 1959 del vulcano Kilauea alle Hawaii. Un’analisi dei cristalli ha rivelato che erano disposti secondo uno schema strano, ma sorprendentemente coerente, che i ricercatori di Stanford hanno ipotizzato fosse formato da un’onda del magma del sottosuolo che ha influenzato la direzione dei cristalli. Gli scienziati hanno simulato questo processo fisico per la prima volta in uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances.
La nuova simulazione si basa proprio sulla posizione dei cristalli di Kilauea Iki, un cratere a fossa vicino alla caldera principale del vulcano Kilauea. Il test fornisce una base per comprendere il flusso nel condotto di Kilauea, il passaggio tubolare attraverso il quale il magma caldo risale verso la superficie terrestre. Poiché le scorie possono atterrare a diverse centinaia di metri di distanza dal vulcano, questi campioni sono relativamente facili da raccogliere. Michelle DiBenedetto, all’epoca studentessa di dottorato e autrice principale dello studio, afferma che è entusiasmante poter utilizzare questi processi su una scala così piccola per comprendere questo enorme sistema.
Per rimanere liquido, il materiale all’interno di un vulcano deve essere costantemente in movimento. L’analisi del team indica che lo strano allineamento dei cristalli dipende dal magma, che si muove in due direzioni contemporaneamente, con uno dei due flussi che passa direttamente sopra l’altro invece di riversarsi attraverso il condotto in un unico flusso costante. Secondo quanto afferma la professoressa Suckale, i ricercatori avevano ipotizzato che ciò potesse accadere in precedenza, ma la mancanza di accesso diretto al condotto ha impedito di ottenere prove definitive.
Ph. credits: Foto di Tommy Beatty da Pixabay
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