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I nanomateriali potrebbero essere presenti in molti prodotti che usiamo

I prodotti che utilizziamo normalmente nelle nostre giornate come il cibo, i cosmetici ed i vestiti potrebbero essere pieni di nanomateriali, invisibili e quindi impercettibili. Questo è motivo di preoccupazione poiché i loro effetti a lungo termine potrebbero essere addirittura più pericolosi del Covid-19 stesso: possono penetrare nelle cellule e accumularsi negli organi, con serie problematiche salutari.

 

La presenza pericolosa dei nanomateriali

Bisogna comunque considerare che i nanomateriali hanno portato miglioramenti generali a numerosi settori produttivi. Grazie alle applicazioni della nanotecnologia, molte malattie potrebbero presto essere debellate. Inoltre, gli ingegneri stanno sviluppando materiali 100 volte più resistenti dell’acciaio, batterie che durano 10 volte più a lungo di prima, pannelli solari che producono il doppio di energia rispetto a quelli vecchi, prodotti avanzati per la cura della pelle e auto, finestre e vestiti autopulenti.

Se c’è quindi un lato positivo nel loro utilizzo, bisogna purtroppo considerare anche l’aspetto negativo. Un nuovo studio fa luce sui possibili danni e su cosa succede loro quando entrano in un organismo. Un team internazionale di ricercatori ha sviluppato un metodo sensibile per trovare e tracciare nanomateriali nel sangue e nei tessuti e ha tracciato essi lungo una catena alimentare acquatica, dai microrganismi al pesce, una delle principali fonti di cibo in molti paesi.

“Abbiamo scoperto che i nanomateriali si legano fortemente ai microrganismi, che sono una fonte di cibo per altri organismi, e questo è il modo in cui possono entrare nella nostra catena alimentare. Una volta all’interno di un organismo, i nanomateriali possono cambiare forma e dimensione e trasformarsi in un materiale pericoloso che può facilmente penetrare nelle cellule e diffondersi ad altri organi. Osservando i diversi organi di un organismo, abbiamo scoperto che i nanomateriali tendono ad accumularsi soprattutto nel cervello”, afferma l’autore principale, il dott. Fazel A. Monikh.

Francesco Borea

Studente universitario Appassionato di tecnologia

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