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I neutrini forniscono la prova dell’energia CNO presente nell’universo

Un gruppo di scienziati dell’associazione Borexino Collaboration ha recentemente evidenziato il rilevamento di neutrini dal sole, rivelando direttamente per la prima volta che il carbonio-azoto-ossigeno (CNO) è al lavoro sotto il nostro sole. Il ciclo CNO è la fonte di energia dominante che alimenta le stelle più pesanti del Sole, ma finora non era mai stato rilevato direttamente in nessuna stella, spiega Pocar, autore principale dello studio.

Per gran parte della loro vita, le stelle ottengono energia fondendo l’idrogeno con l’elio. In stelle come il nostro sole o più chiare, questo avviene principalmente attraverso le catene “protone-protone”. Tuttavia, molte stelle sono più pesanti e più calde del nostro sole e includono elementi più pesanti dell’elio nella loro composizione, una qualità nota come metallicità. La previsione dagli anni ’30 è che il ciclo CNO sarà dominante nelle stelle pesanti.

 

I neutrini e l’energia CNO rilevata

I neutrini emessi come parte di questi processi forniscono una firma che consente agli scienziati di distinguere quelli della “catena protone-protone” da quelli del “ciclo CNO”. Pocar sottolinea: “La conferma della combustione del CNO nel nostro sole, dove opera a solo l’uno percento, rafforza la nostra fiducia nel comprendere come funzionano le stelle”.

Oltre a questo, i neutrini CNO possono aiutare a risolvere un’importante questione aperta nella fisica stellare, aggiunge. Cioè come la metallicità centrale del sole, che può essere determinata solo dalla velocità dei neutrini CNO dal nucleo, è correlata alla metallicità altrove in una stella. I modelli tradizionali hanno incontrato una difficoltà: le misurazioni della metallicità superficiale mediante spettroscopia non concordano con le misurazioni della metallicità sub-superficiale dedotte dalle osservazioni eliosismologiche.

Pocar afferma che i neutrini sono in realtà l’unica sonda diretta che la scienza ha per il nucleo delle stelle, incluso il sole, ma sono estremamente difficili da misurare. Fino a 420 miliardi di loro colpiscono ogni centimetro quadrato della superficie terrestre al secondo, eppure praticamente tutti passano senza interagire. Gli scienziati possono rilevarli solo utilizzando rivelatori molto grandi con livelli di radiazione di fondo eccezionalmente bassi.

 

Francesco Borea

Studente universitario Appassionato di tecnologia

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