Nel 1998 un team di ricercatori impegnato negli scavi in una grotta sulla costa occidentale dell’Alaska, si è imbattuto in quelli che in seguito si sono rivelati i resti fossili di un minuscolo frammento di osso appartenente al primo cane conosciuto nelle Americhe.
Questa straordinaria scoperta potrebbe suggerire nuove informazioni sulle migrazioni delle antiche popolazioni umane. Considerando infatti che i cani abbiano accompagnato i primi umani che hanno messo piede in questi continenti, è dunque probabile che entrambi abbiano percorso la costa del Pacifico.
Inizialmente si pensava che gli esseri umani fossero per la prima volta giunti nel continente americano circa 12.000 anni fa, quando i ghiacci che intrappolavano il Nord America iniziarono a sciogliersi. Lo scioglimento dei ghiacci infatti aprì un corridoio attraverso cui gli antichi esseri umani poterono farsi largo e spostarsi dalla Siberia al Nord America, attraverso un lembo di terra ora sommerso che si trovava nell’attuale Mare di Bering.
Queste antiche popolazioni si spostarono probabilmente all’inseguimento di selvaggina e grandi animali come i mammut, che erano soliti cacciare. Fu dunque la ricerca di cibo forse a portare in Nord America l’uomo, e con esso i cani.
Questo è ciò che si pensava fosse accaduto fino a qualche tempo fa. Nell’ultimo decennio infatti, a seguito di prove e resti fossili, i ricercatori hanno iniziato a pensare che gli esseri umani potrebbero aver iniziato a spostarsi in Nord America molto prima di 12.000 anni fa.
Secondo queste teorie, circa 16.000 anni fa gli uomini avrebbero viaggiato dalla Siberia in barca attraverso l’arcipelago dell’Alaska per poi dirigersi verso la costa del Pacifico. In questo modo avrebbero aggirato, navigando, i ghiacciai per poi camminare lungo le coste del pacifico, esposte dal basso livello del mare.
E proprio a supporto dell’ipotesi di questo nuovo scenario delle migrazioni umane, vi è il ritrovamento dei resti fossili della scheggia di osso di cane, ritrovata nella grotta in Alaska. In questa lunga e stretta caverna vicino all’isola di Wrangel, molto simile ad un corridoio, i ricercatori hanno recuperato oltre 50.000 reperti, tra cui i resti fossili di animali e esseri umani.
Il frammento d’osso, scoperto nel 1998, è rimasto inosservato per molto tempo, fino a che i ricercatori non ne hanno analizzato il DNA, scoprendo che si trattava dei resti fossili di un cane.
Come ha affermato Charlotte Lindqvist, biologa dell’Università di Buffalo (UB), a capo della ricerca, “abbiamo iniziato ritenendo che si trattasse solo un altro osso di orso. Ma quando siamo andati più a fondo, abbiamo scoperto che proveniva da un cane.”
L’analisi del frammento d’osso ha dimostrato che questo risale a circa 10.200 anni fa, rendendolo dunque il resto fossile del cane più antico conosciuto nelle Americhe. Ma questo non è tutto, il DNA di questo cane infatti contiene indizi molto importanti, che vanno molto più indietro nel tempo ed hanno importantissime implicazioni.
Il genoma del cane infatti ha rivelato che questo era strettamente imparentato con i primi cani conosciuti, che si pensa siano stati addomesticati in Siberia circa 23.000 anni fa. Basandosi sul numero delle differenze genetiche tra il cane trovato in Alaska e i suoi antenati siberiani, i ricercatori hanno stimato che le due popolazioni si siano separate 16.700 anni fa.
Questo potrebbe significare che i cani, e di conseguenza i loro padroni umani, abbiano lasciato la Siberia, raggiungendo le Americhe migliaia di anni prima che i ghiacciai del Nord America si sciogliessero.
A supportare ulteriormente questa ipotesi, vi è il fatto che queste datazioni corrispondono con le stime basate sul DNA umano, che indicano quando i nativi americani moderni si sono separati dagli antichi antenati siberiani.
Inoltre per i ricercatori è certo che assieme ai cani in America, siano arrivati anche gli uomini. Analizzando infatti gli isotopi chimici nell’osso del cane i ricercatori hanno stabilito che gli esseri umani erano soliti cibarli e prendersi cura di loro, e che abbiano vissuto insieme e stabilmente, lungo le coste del Pacifico.
Ph. Credit: Douglas Levere / University at Buffalo
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