Sars-Cov2, il coronavirus che sta mettendo in ginocchio tutto il mondo, potrebbe scomparire da solo quest’estate? La domanda potrebbe sembrare banale, ma in realtà cela un fondo di verità: altri virus infatti, tra cui l’influenza e il virus respiratorio sinciziale (RSV), che causa la bronchiolite nei bambini più piccoli, insorgono principalmente in inverno. Il Comitato permanente delle Accademie nazionali per le malattie infettive emergenti ha recentemente affrontato la questione, domandandosi se il nuovo coronavirus potrebbe seguire lo stesso schema.
Il gruppo di esperti ha sta ora analizzando i dati raccolti finora, molti dei quali non erano ancora stati sottoposti a revisione, per valutare l’annosa questione. Ma se qualcuno ancora spera che le cose possano migliorare con l’arrivo di climi più caldi, ci sono molte altre ragioni per cui bisogna mantenere alta la guardia. Ad esempio, sebbene gli Stati Uniti siano agli inizi della pandemia, ci sono prove raccolte in altri paesi che confermerebbero la capacità di Sars-Cov2 di diffondersi più rapidamente in presenza di climi freddi e secchi.
Uno studio condotto su circa 30 province cinesi ha mostrato infatti che il numero di casi di coronavirus è diminuito tra il 36 e il 57% per ogni aumento di 1,8 gradi di temperatura. Un altro studio, ancor più ampio, ha invece esaminato 310 regioni in 116 paesi e ha rilevato un incremento dell’11% dei casi con temperature di circa 9 gradi più basse. La ricerca suggerisce quindi che il virus riesce a sopravvivere molto più a lungo in condizioni di freddo. Pertanto, in virtù di questi ed altri studi simili, è possibile asserire con un certo livello di sicurezza che il clima caldo e umido possa rallentare la diffusione di questo virus, sebbene non tutti gli scienziati siano d’accordo su questo punto.
Nuove ricerche su questo argomento appaiono quasi quotidianamente e gli scienziati sono ancora alle prese con gli studi sulla struttura del coronavirus stesso. Il dato che però non può essere trascurato è che il patogeno si sta diffondendo, a quanto pare senza troppi problemi, in molte parti del mondo in cui le temperature medie sono più alte rispetto al resto del mondo, come Australia e Sud America, dimostrando quindi che le alte temperature potrebbero non essere sufficienti per fermare l’avanzata del virus.
Tuttavia, non va dimenticato che si tratta di un virus del tutto nuovo per l’uomo, quindi ancora sostanzialmente sconosciuto e in effetti il clima sembra avere un ruolo piuttosto marginale nella velocità con cui esso si diffonde. Altri parametri relativi al tasso d’infezione includono comportamenti individuali, pratiche culturali, zona geografica, reddito e tenore di vita. Anche pratiche come il distanziamento sociale, la tracciabilità dei contatti, la quarantena delle persone esposte e l’isolamento delle persone effettivamente infette svolgono un ruolo importante nel modo in cui il coronavirus si diffonde.
Il problema resta però che altre malattie virali, sostanzialmente simili al nuovo coronavirus, non fanno registrare dati incoraggianti. Le due malattie da coronavirus più gravi che l’umanità ha dovuto affrontare, l’epidemia di SARS e di MERS, non hanno purtroppo fatto registrare rallentamenti nella diffusione nell’arco delle stagioni successive a quella della loro comparsa. In effetti, MERS è presente per tutto l’anno in Medio Oriente, dove è il clima è caldo e secco. La soluzione a lungo termine per combattere Sars-Cov2 sarà quindi quella di sviluppare un vaccino sicuro ed efficace; lavoro che procede ad una velocità senza precedenti, ma che richiederà ancora da qualche mese a qualche anno per vedere la luce.
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