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L’inquinamento dell’aria è un problema per la salute e molti studi negli ultimi anni lo stanno dimostrando. Una recente ricerca in Singapore suggerisce che la presenza di alcune particelle nell’aria possono portare ad innescare nelle persone degli arresti cardiaci. Questo di fatto va a spingere verso la necessità di impedire l’aumento della concentrazione del PM2,5.
La ricerca in sé ha preso in esame tutti gli arresti cardiaci avvenuti fuori dall’ospedale tra il 2010 e il 2018. Si parla di più di 18.000 casi in totale e i ricercatori sono riusciti a isolarne specificatamente 492 e da collegarli proprio al PM2,5. Collegandoli alla concentrazione di quest’ultime particelle è stato visto come un calo anche solo lieve della media può portare a una riduzione dell’8% di questi casi.
Le parole dei ricercatori: “Abbiamo prodotto prove evidenti di un’associazione a breve termine del PM2,5 con l’arresto cardiaco extraospedaliero, che è un evento catastrofico che spesso si traduce in morte improvvisa. Questi risultati chiariscono che gli sforzi per ridurre i livelli di particelle di inquinamento atmosferico nell’intervallo di 2,5 microgrammi o inferiore, e le misure per proteggere dall’esposizione a queste particelle, potrebbero svolgere un ruolo nel ridurre gli arresti cardiaci improvvisi nella popolazione di Singapore, riducendo anche l’onere sui servizi sanitari.”
Questo studio, per certi versi, non mostra nulla di nuovo. È stato fatto lo stesso collegamento con gli arresti cardiaci anche in altri grandi città, come New York, con gli stessi risultati. In Danimarca invece ci sono stati dati discordanti, ma la colpa sembra essere l’effetto di questi inquinanti sotto una certa soglia.
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