L’obiettivo finale della ricerca sulle intelligenze artificiali di alto profilo è lo sviluppo di un’intelligenza artificiale generale (GAI, abbreviazione di General Artificial Intelligence). In sostanza, ciò a cui gli scienziati puntano è lo sviluppo di una vera e propria “mente sintetica” che possa funzionare allo stesso modo di un cervello umano, qualora collocata in un contenitore fisico con caratteristiche simili a quello del corpo umano.
La maggior parte degli esperti, salvo qualche parere contrario, ritiene che siano ancora necessari decenni di studi per poter arrivare a mettere a punto qualcosa del genere. Infatti, a differenza di altri progetti altrettanto complessi, come la fusione nucleare o il “riaggiustamento” della Costante di Hubble, ben pochi sono in grado di capire in cosa consisterebbe effettivamente una GAI. In proposito, alcuni ricercatori pensano che il Deep Learning possa essere una strada valida verso la realizzazione di macchine in grado di pensare come gli umani, mentre altri credono che avremo bisogno di un approccio completamente nuovo per creare il necessario “algoritmo principale”; altri ancora pensano che GAI sia, con ogni probabilità, impossibile da realizzare.
Il problema principale è che proprio il fatto che la comunità scientifica non ha ancora compreso appieno i meccanismi che si celano dietro il funzionamento del cervello umano, nè in cosa consista la cosiddetta “coscienza“. Stiamo appena iniziando a grattare la superficie dei misteri della mente umana, specialmente quando si tratta di capire come l’intelligenza e la coscienza “emergano” dal cervello umano. Per quanto riguarda l’IA, piuttosto che una GAI così com’è nella mente dei ricercatori, tutto ciò che abbiamo ad oggi sono reti neurali e algoritmi intelligenti.
È infatti al momento estremamente difficile sostenere che l’IA moderna sarà in grado di raggiungere l’intelligenza umana, e ancor più difficile sarà riuscire a creare un percorso che porti all’effettiva nascita di una coscienza nei robot. Ma tutto ciò non è impossibile e, secondo alcuni, l’IA potrebbe già essere “cosciente”. Il matematico Johannes Kleiner e il fisico Sean Tull hanno recentemente pubblicato un articolo sulla natura della coscienza che sembra suggerire, matematicamente parlando, che l’universo e tutto ciò che in esso si trova è intriso di “coscienza fisica“.
Fondamentalmente, l’articolo dei due scienziati presenta alcuni dei calcoli alla base di una popolare teoria chiamata “Integrated Information Theory of Consciousness“, in base alla quale in tutto ciò che è presente nell’universo soggiacciono i tratti di una, anche primordiale, coscienza. Si tratta di una teoria interessante, perchè è supportata dall’idea che la coscienza emerga come risultato di stati fisici, permettendoci di essere consapevoli della nostra capacità di avere esperienza delle cose. Un albero, ad esempio, è cosciente perché può “percepire” la luce del Sole e piegarsi verso di essa. Certo, non è semplice passare dalla coscienza di creature viventi a quella di oggetti inanimati, come ad esempio un sasso, ma la teoria ha una sua logica.
Ma allora, tutto ciò come si collega all’IA? La coscienza universale potrebbe essere definita come sistemi individuali sia a livello macro che microscopico, in grado di esprimere la capacità indipendente di agire e reagire conformemente agli stimoli ambientali. Se la coscienza è un’indicazione della realtà condivisa, allora non richiede intelligenza, ma solo la capacità di sperimentare l’esistenza, e questo significa che l’IA dimostra già una coscienza di livello relativamente elevato. Gli sviluppi futuri di tutto ciò potrebbero quindi essere estremamente interessanti.
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