Il deep learning, o apprendimento profondo, è ormai ovunque. Questa branca dell’intelligenza artificiale, fra le altre attività, cura i social media e fornisce i risultati di ricerca su Google. Presto l’apprendimento profondo potrebbe anche controllare i parametri vitali o impostare il termostato dei riscaldamenti. I ricercatori del MIT hanno sviluppato un sistema che potrebbe portare le reti neurali di apprendimento profondo in nuovi e minuscoli luoghi, come i chip all’interno dei dispositivi medici indossabili, gli elettrodomestici e i 250 miliardi di altri oggetti che costituiscono l'”internet delle cose” (IoT).
Il sistema, chiamato MCUNet, progetta reti neurali compatte che introducono l’apprendimento profondo sui dispositivi utilizzati nell'”Internet delle cose” con una precisione e una velocità senza precedenti, nonostante la memoria e la potenza di elaborazione limitate. Questa tecnologia potrebbe facilitare l’espansione dell'”Internet delle cose”, consentendo di risparmiare energia e migliorando la sicurezza dei dati.
La ricerca sarà presentata alla Conference on Neural Information Processing Systems che si terrà il mese prossimo. L’autore principale è Ji Lin, uno studente del dottorato di ricerca nel laboratorio di Song Han del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Informatica del MIT. I co-autori sono Han e Yujun Lin del MIT, Wei-Ming Chen del MIT e della National University Taiwan, e John Cohn e Chuang Gan del MIT-IBM Watson AI Lab.
Il cosiddetto “Internet delle cose” nacque nei primi anni ’80. Gli studenti della Carnegie Mellon University, tra cui Mike Kazar ’78, avevano collegato a Internet un distributore della Coca-Cola. La motivazione del gruppo era semplice: la pigrizia. Volevano usare i loro computer per confermare che la macchina fosse rifornita piuttosto che uscire dall’ufficio per acquistare la bibita. Si trattava del primo apparecchio al mondo ad avere un collegamento a Internet.
Da quel momento, gli oggetti di uso quotidiano sono diventati sempre più collegati in rete: dai monitor cardiaci indossabili ai frigoriferi intelligenti che avvisano quando si è a corto di latte. I dispositivi che appartengono all'”Internet delle cose” funzionano spesso con microcontrollori, semplici chip privi di sistema operativo, con una potenza di elaborazione minima e meno di un millesimo della memoria di un tipico smartphone. Quindi le attività di riconoscimento dei modelli, come l’apprendimento profondo, sono difficili da eseguire localmente sui dispositivi IoT. Per analisi complesse, i dati raccolti vengono spesso inviati al cloud, il che li rende vulnerabili agli attacchi degli hacker.
In collaborazione con MCUNet, il gruppo di Han ha codificato due componenti necessari per il “minuscolo apprendimento profondo”, ossia per garantire il funzionamento delle reti neurali sui microcontrollori. Uno dei componenti è TinyEngine, un motore inferenziale che si occupa della gestione delle risorse. TinyEngine è ottimizzato per far funzionare una particolare struttura di rete neurale, che viene selezionata dall’altro componente di MCUNet: TinyNAS, un algoritmo di ricerca per l’architettura neurale.
Ph. credits: Foto di Gerd Altmann da Pixabay
La polmonite bilaterale è un'infiammazione che coinvolge entrambi i polmoni, spesso causata da infezioni batteriche, virali o fungine. Questa condizione…
I neutrini sono tra le particelle più misteriose dell'Universo. Invisibili e quasi privi di interazione con la materia, attraversano costantemente…
L’industria della skincare è in continua evoluzione e sempre più spesso la scienza propone alternative non invasive ai classici trattamenti…
Il telescopio spaziale James Webb ha recentemente rilevato un fenomeno straordinario nel cuore della nostra galassia: il buco nero supermassiccio…
Una delle domande che maggiormente hanno colpito gli utenti di tutto il mondo va a toccare il destino di Naughty Dog,…
Il morbo di Alzheimer non è curabile, difficilmente prevedibile in quanto non si conosce appieno il percorso dietro l'origine, ma…