Per gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) quello del sostentamento e dell’autosufficienza in una condizione così estrema è un problema reale. Proprio per questo motivo i ricercatori sono sempre a lavoro per cercare di sviluppare nuovi sistemi che possano facilitare le missioni di lunga durata degli astronauti a bordo della ISS.
A tal proposito si sta sviluppando un bioreattore, battezzato Photobioreactor, che basa il suo funzionamento sulle alghe. Si tratta di un importante passo che getta le basi per un futuro autosostenibile ed autosufficiente della ISS, senza che vi sia il bisogno di rifornimenti dalla Terra. Ovviamente ricerche del genere hanno la loro importanza anche nell’ottica di missioni future che prevedano la permanenza degli astronauti anche sulla Luna o su Marte.
Un sistema del genere faceva parte del carico della Dragon, la capsula cargo si SpaceX, che ha raggiunto la ISS lo scorso Lunedì e sarà testato sulla stazione spaziale. Il fotobioreattore consente di convertire l’anidride carbonica in ossigeno grazie ai processi fotosintetici delle alghe. Con lo stesso metodo si può anche ottenere della biomassa commestibile, disponibile per gli astronauti.
Assieme al fotobioreattore, sarà associato il sistema di riciclaggio dell’aria inviato sulla ISS lo scorso anno: l’Advanced Closed-Loop System (ACLS). Si tratta di un sistema progettato per estrarre metano ed acqua dall’anidride carbonica esalata dagli astronauti nella cabina.
Secondo Oliver Angerer, direttore del progetto Photobioreactor, la combinazione di questo sistema è un enorme passo avanti per lo sviluppo di sistemi autonomi di supporto alla vita.
Nell’esperimento sulla ISS, saranno utilizzate alghe della specie Chlorella vulgaris che, come abbiamo detto sarà in grado di produrre ossigeno e fonti di cibo, a partire dall’anidride carbonica espirata dagli occupanti della ISS. Questo significa che una minore quantità di cibo potrà essere trasportata con le missioni cargo di rifornimento. Secondo i ricercatori le alghe potrebbero produrre sino al 30% del cibo necessario agli astronauti, grazie al loro alto contenuto proteico.
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