La cannabis è un argomento di attualità sempre molto controverso. C’è chi la vede esclusivamente come droga, e pertanto la evita e la disprezza in tutti i modi, e chi invece vede il suo lato positivo nel campo medico, dove è stato provato che può servire per diversi trattamenti. Quest’ultimo è il motivo per cui molti Paesi hanno legalizzato l’erba legale per scopo terapeutico, che però non ha il THC, la sostanza che rende effetti allucinogeni.
Recentemente, però, degli scienziati australiani hanno esaminato 83 studi che hanno coinvolto 3000 persone per giungere alla loro conclusione, ovvero che la cannabis non ha aiutato contro sintomi di sei diversi disturbi: depressione, ansia, ADHD, sindrome di Tourette, PTSD o psicosi. Pertanto, l’uso della cannabis medicinale per problemi di salute mentale non può essere giustificato sulla base delle prove attuali, hanno concluso.
Come ben sappiamo, il THC è il principale composto psicoattivo della marijuana che dà agli utenti un livello elevato e può anche scatenare anche ansia in alcuni fumatori.
Il CBD, d’altra parte, è ritenuto responsabile di alcuni effetti terapeutici della cannabis, come il sollievo dal dolore e il rilassamento. La cannabis medica ha dimostrato di trattare una serie di condizioni tra cui l’artrite e la sclerosi multipla, nonché nei pazienti che soffrono di convulsioni croniche.
Però, come detto in precedenza, non ci sono prove sufficienti che dimostrano che i cannabinoidi medicinali migliorano i problemi di salute mentale in generale o i loro sintomi, con lo studio pubblicato sulla rivista The Lancet Psychiatry.
La principale autrice Louisa Degenhardt, professore di dipendenze presso l’Università del Nuovo Galles del Sud a Sydney, in Australia, ha dichiarato: “I nostri risultati hanno importanti implicazioni in paesi in cui la cannabis e i cannabinoidi vengono resi disponibili per uso medico. Vi è una notevole assenza di prove di alta qualità per valutare correttamente l’efficacia e la sicurezza dei cannabinoidi medicinali rispetto al placebo. Fino a quando non saranno disponibili prove da studi randomizzati controllati, non è possibile elaborare linee guida cliniche sul loro uso nei disturbi della salute mentale.”
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