La cupola di cemento che ricopre le scorie radioattive prodotte dai test nucleari sulle Isole Marshall, sta iniziando a cedere. Profonde crepe sono comparse sulla sua superficie e il materiale radioattivo fluisce già da anni nelle acque dell’Oceano Pacifico.
Tra la metà degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’60 le Isole Marshall ed alcuni atolli nel Sud pacifico erano conosciuti negli Stati Uniti come il “Pacific Proving Ground”, un luogo dove venivano effettuati test nucleari atmosferici. In 16 anni il governo americano ha effettuato in questi luoghi ben 105 test nucleari che lasciarono le isole coperte di detriti nucleari.
Dopo più di un decennio, ovvero alla fine degli anni ’70, il governo statunitense decise di ripulire l’area togliendo la terra contaminata dagli atolli Rongelap e Bikini. Centoundicimila metri cubi di terra furono asportati da questi due atolli e trasportati nel cratere di 115 metri, prodotto dal test nucleare “Cactus”, sull’isola di Runit. Il cratere, carico di scorie radioattive, fu coperto da una cupola gigantesca, formata da 358 pannelli di cemento da 45 cm di spessore, per una superficie totale di 9000 m².
Ma quello che all’epoca sembrava un progetto ingegneristico sicuro, sta ora mostrando i suoi limiti. Secondo le Nazioni Unite la cupola sta mostrando segni di cedimento già da alcuni anni: alcune crepe sono comparse sulla sua superficie ed il materiale radioattivo sta iniziando a penetrare nella roccia corallina. Il Segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha espresso la sua preoccupazione per le popolazioni locali e per l’ambiente. Dalle rocce dell’isola, molto porose in quanto calcaree, lasciano infatti percolare le sostanze radioattive nell’oceano Pacifico, tra cui sappiamo esserci il plutonio-239, una delle sostanza più pericolose che esistano.
Inoltre negli ultimi anni la situazione è peggiorata a causa del cambiamento climatico. L’innalzarsi dei livelli del mare infatti ha portato l’acqua sempre ad invadere le parti inferiori dell’isola di Runit, minacciando la cupola.
Il Parlamento delle isole Marshall ha espresso la sua preoccupazione per le fuoriuscite di contaminanti radioattivi nell’oceano e per i gravissimi danni che queste provocano all’ambiente e alla popolazione. Jack Ading, rappresentante del Parlamento, ha inoltre affermato che “a rendere la situazione ancora peggiore è il fatto che ci viene detto di non preoccuparci di questa perdita perché il problema non è così grave”.
In realtà la situazione sembra essere decisamente grave e già da tempo. Il governo americano nel 2013 aveva individuato, nella laguna di Enewetak, un livello di contaminazione così alto che nemmeno il crollo definitivo della cupola avrebbe influito in modo eccessivo. La gravità della situazione ha spinto la presidentessa delle Isole Marshall, Hilda Heine, a denunciare nuovamente la situazione alle Nazioni Unite e portando all’intervento sulla questione di Guterres.
Il governo e la Commissione Nazionale sul Nucleare delle Isole Marshall, sono concordi nel chiedere l’intervento internazionale per far fronte alle gravi conseguenze che la perdita di scorie dell’isola di Runit, ha avuto e sta avendo, sull’ambiente e sulla salute della popolazione. Ading ha infatti dichiarato: “noi speriamo vivamente che si faccia qualcosa e presto perché non vorremmo che quella cupola diventi la nostra bara“.
La speranza è quindi che si faccia qualcosa per risolvere la grave situazione, conseguenza dello sfruttamento indiscriminato del Pacifico in passato per i test nucleari e non solo, da parte del governo degli Stati Uniti.
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