Il Kavli Institute for the Physics and Mathematics of the Universe (Kavli IPMU) è al lavoro per lo studio dei buchi neri che potrebbero essersi formati nell’universo primordiale, prima che nascessero stelle e galassie. Secondo questa ricerca questi buchi neri primordiali (PBH) potrebbero rappresentare tutta o parte della materia oscura presente nell’Universo ed essere responsabili di alcuni segnali di onde gravitazionali osservati.
Inoltre i PBH, potrebbero essere il seme dei buchi neri supermassicci al centro della nostra e di altre galassie. Potrebbero anche aver avuto il loro ruolo nella sintesi di elementi pesanti, entrando in collisione con stelle di neutroni e distruggendole, rilasciando materiale ricco di neutroni.
In particolare, i ricercatori stanno esaminando l’eccitante possibilità che la misteriosa materia oscura, sia composta da buchi neri primordiali. Per saperne di più sui buchi neri primordiali, il team di ricerca del Kali IPMU, ha esaminato l’universo primordiale alla ricerca di indizi.
L’universo primordiale era così denso che qualsiasi fluttuazione di densità positiva superiore al 50 percento avrebbe creato un buco nero. Ma secondo le nostre conoscenze, le perturbazioni cosmologiche che hanno dato vita alle galassie erano molto più piccole. Anche se, una serie di processi nell’universo primordiale, avrebbe potuto creare le giuste condizioni per la formazione dei buchi neri.
Una possibilità interessante è che i buchi neri primordiali possano formarsi dagli “universi neonati” creati durante l’inflazione, un periodo di rapida espansione che si ritiene sia responsabile della “semina” delle strutture che osserviamo oggi. Durante l’inflazione, dei baby universi possono essersi diramati dal nostro universo. Un baby universo finirebbe dunque per collassare, rilasciando una grande quantità di energia in un piccolo volume, provocando così la formazione di un buco nero.
Nel loro articolo, il team ha descritto un nuovo scenario per la formazione dei PBH e ha mostrato che i buchi neri dello scenario “multiverso” possono essere trovati utilizzando l’Hyper Suprime-Cam (HSC) del Subaru Telescope da 8,2 m, una gigantesca fotocamera digitale situata nei pressi della vetta del Mauna Kea alle Hawaii, a 4.200 metri.
L’HSC era indispensabile in questa ricerca perché ha la capacità unica di visualizzare l’intera galassia di Andromeda ogni pochi minuti. Se un buco nero passa attraverso la linea di osservazione verso una delle stelle, la gravità del buco nero darà vita ad un effetto di lente gravitazionale, facendo apparire la stella più luminosa per un breve periodo di tempo.
La durata dell’illuminazione della stella indica agli astronomi la massa del buco nero. Con le osservazioni HSC, si possono osservare simultaneamente cento milioni di stelle, gettando un’ampia rete per i buchi neri primordiali che potrebbero attraversare una delle linee di osservazione.
Le prime osservazioni HSC hanno già individuato un possibile candidato, coerente con un PBH del “multiverso”, che avrebbe una massa paragonabile a quella della Luna. Questo primo segno è stata la spinta per il team a condurre un nuovo ciclo di osservazioni. Così potranno estendere la ricerca per fornire una prova definitiva per stabilire se i PBH dello scenario multiverso possano spiegare tutta la materia oscura.
Ph. Credit: Kavli IPMU
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