Nello studio della biologia spesso si ricorre ad organismi modello, ovvero creature facili da studiare in laboratorio e che condividono caratteristiche chiave con molte altre forme di vita. In questo modo si possono studiare caratteristiche fondamentali della vita che possano essere valide per più forme di vita diverse. Vi sono modelli tra i mammiferi, come i topi; tra gli insetti, dove troviamo il moscerino della frutta; e c’è anche una pianta, l’arabetta comune o Arabidopsis thaliana.
Si tratta di una piccola pianta da fiore originaria dell’Europa e dell’Asia. È una pianta che senza dubbio è stata a lungo osservata dall’essere umano. Già alcuni millenni fa germogliava lungo la Via della Seta e si faceva largo tra i terreni agricoli dell’antica Roma. La pianta è stata descritta scientificamente già nel 1570 e negli anni Novanta i ricercatori iniziarono il sequenziamento del suo DNA.
Si tratta di una pianta con un DNA molto breve e relativamente semplice. Inoltre è molto facile da coltivare in laboratorio, questo l’ha resa un perfetto modello per lo studio della biologia vegetale. Per decenni sono stati condotti esperimenti utilizzando questa comune pianta considerata per lo più un erbaccia.
Ma l’arabetta, nonostante sia una delle piante più studiate e conosciute al mondo, ha inaspettatamente sorpreso i ricercatori svelando loro un nuovo organo vegetale, del tutto sconosciuto.
Si tratta di una sorta di braccio orizzontale che sporge dal fusto principale dell’arabetta e funge da supporto per il pedicello, ovvero il piccolo peduncolo alla base del fiore. Questo organo si estende dal fusto principale della pianta e ricorda un po’ il supporto strutturale noto come cantilever, per questo i ricercatori hanno battezzato questo organo cantile.
Ma come può un organo vegetale sfuggire alla scienza in una pianta così tanto studiata? La risposta è che i cantili non sempre si formano. In genere i pedicelli spuntano direttamente dallo stelo, senza il cantile a fare da intermediario.
I cantili dunque si formano solo quando le piante si trovano a crescere durante una sorta di primavera prolungata, in cui le piante ricevono solo 8-10 ore di luce solare al giorno, rispetto alle 12 o anche di più dell’estate.
Inoltre, i cantili si formano solo in prossimità della linea di demarcazione del fusto, ovvero quella zona tra quella di crescita delle foglie sullo stelo inferiore e l’estremità superiore dove sbocciano i fiori.
L’autore principale dello studio Timothy Gookin, un ex ricercatore post-dottorato presso la Pennsylvania State University ha notato per la prima volta i cantili nel 2008 mentre conduceva uno studio sulla genetica dell’invecchiano fogliare. Conduceva i suoi esperimenti su dei mutanti di Arabidopsis e durante i suoi esperimenti, notò qualcosa di strano: su alcune delle sue piante, i bracci orizzontali sporgevano di diversi millimetri dagli steli. Inizialmente Gookin archiviò la scoperta, attribuendola a un colpo di fortuna dovuto alle mutazioni nelle piante del laboratorio.
Ma avanzando con la sua ricerca, Gookin notò l’anomalia in diversi altri esemplari, così come in alcuni ceppi selvatici di arabetta. Dopo aver esaminato ogni possibile fonte di contaminazione, anche coltivando piante in diversi laboratori, notò che queste particolari strutture continuavano ad apparire. A quel punto era ormai chiaro, nessun colpo di fortuna, l’arabetta aveva un organo nuovo, sin ora mai osservato.
Gookin ha studiato i cantili per anni, ma non ha ancora un quadro completo su questo organo. Nonostante siano state individuate alcune importanti caratteristiche nella genetica ad esso relativa, per ora, non è ancora chiaro se i cantili aiutino l’arabetta a sopravvivere in natura o se siano solo l’effetto di altri cambiamenti o anche delle strutture vestigiali.
Ph. Credit: Dawid Skalec, via Wikipedia
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