La prima immagine in assoluto dell’orizzonte degli eventi di un buco nero è stata un’impresa davvero impressionante di ingegneria. L’immagine è stata estremamente difficile da ottenere e il risultato è stato mostrato ad una risoluzione relativamente bassa. Le tecniche e la tecnologia saranno perfezionate col tempo e si prevede che le future immagini dei buchi neri saranno molto più accurate.
Una nuova elaborazione grafica della NASA mostra cosa dovremmo aspettarci di vedere nelle immagini ad alta risoluzione di un buco nero supermassiccio nel pieno della sua attività. I buchi neri supermassicci risiedono nella maggior parte dei casi al centro delle grandi galassie e come ci siano arrivati è tutt’ora un mistero; è venuto prima il buco nero o la galassia? Questa è ancora una delle grandi domande della cosmologia.
Quello che sappiamo è che sono davvero enormi, milioni o miliardi di volte la massa del Sole; che possono incidere sulla formazione delle altre stelle e che quando si svegliano e iniziano a “nutrirsi“, possono diventare gli oggetti più luminosi nell’Universo. Nel corso dei decenni, siamo però anche arrivati a conoscere alcune delle loro strane caratteristiche. In effetti, la primissima immagine “simulata” di un buco nero, creata utilizzando un computer IBM 7040 degli anni ’60 e tracciata a mano dall’astrofisico francese Jean-Pierre Luminet nel 1978, assomiglia ancora molto a quella risultata dalla simulazione della NASA.
In entrambe le immagini è visibile un cerchio nero al centro. Questo è il cosiddetto “orizzonte degli eventi“, cioè il punto in cui le radiazioni elettromagnetiche come luce, onde radio e raggi X non sono più abbastanza veloci da raggiungere la velocità di fuga dall’attrazione gravitazionale del buco nero. Al centro del buco nero c’è la parte anteriore del disco di materiale che rotea attorno al buco vero e proprio, come l’acqua che confluisce in uno scarico. Esso genera una radiazione così intensa che possiamo rilevare con i nostri telescopi.
Si nota l’anello fotonico, un perfetto anello di luce attorno all’orizzonte degli eventi, e un’ampia striscia di luce attorno al buco nero. Quella luce proviene effettivamente dalla parte del “disco di accrescimento” posto dietro il buco nero; ma in quella zona la gravità è così intensa, anche al di fuori dell’orizzonte degli eventi, che deforma lo spaziotempo e piega il percorso della luce attorno al buco nero stesso.
“È proprio questa forte asimmetria di apparente luminosità e oscurità che inghiotte ogni cosa“, ha scritto Luminet in un documento dell’anno scorso, “a costituire la firma, per così dire, di un buco nero: l’unico oggetto celeste in grado di dare alle regioni interne di un disco di accrescimento una velocità di rotazione vicina alla velocità della luce“. Simulazioni come queste possono aiutarci a comprendere la fisica attorno ai buchi neri e questo ci aiuterà a capire cosa stiamo vedendo quando osserviamo l’immagine di questo straordinario fenomeno spaziale.
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