In uno studio sui topi della Neural Computation Unit presso l’Okinawa Institute of Science and Technology (OIST), condotto dal dottor Katsuhiko Miyazaki e dal dottor Kayoko Miyazaki, sono state individuato aree specifiche del cervello che promuovono individualmente la pazienza attraverso l’azione della serotonina.
Il dottor Katsuhiko Miyazaki ha affermato che questa “ricerca mostra che il rilascio di questo messaggero chimico gioca anche un ruolo cruciale nel promuovere la pazienza, aumentando il tempo che i topi sono disposti ad aspettare per una ricompensa alimentare”.
Per condurre la ricerca, gli scienziati hanno allevato dei topi geneticamente modificati con neuroni che rilasciano la serotonina e che esprimevano una proteina sensibile alla luce. Ciò significava che i ricercatori potevano stimolare questi neuroni a rilasciare serotonina in momenti precisi fornendo luce tramite una fibra ottica impiantata nel cervello dei muridi.
I ricercatori hanno scoperto che stimolando questi neuroni mentre i topi aspettavano del cibo aumentava il loro tempo di attesa, con un effetto massimizzato quando i topi erano consapevoli che la probabilità di ricevere una ricompensa era alta ed era solo la tempistica della ricompensa ad essere incerta.
Il team si è concentrato nello studio su tre aree del cervello per cui è noto che un eventuale danno cerebrale, porta ad un aumento dei comportamenti impulsivi. Spiega infatti Miyazaki che “i comportamenti impulsivi sono intrinsecamente legati alla pazienza. Più un individuo è impulsivo, meno è paziente, quindi queste aree del cervello erano i candidati principali” e più adatti per questo studio.
Nello studio, gli scienziati hanno impiantato fibre ottiche nel cervello dei topi e li hanno addestrati a svolgere un compito di attesa in cui i topi erano con il naso all’interno di un buco finché non veniva consegnato loro del cibo, una ricompensa fornita solo topi nel 75% delle prove.
Nel restante 25% delle prove, chiamate prove di omissione, gli scienziati non hanno fornito una ricompensa alimentare ai topi. In alcuni test, la tempistica della ricompensa è stata fissata a sei o dieci secondi dopo che i topi iniziavano a colpire con il naso e in altri test, la tempistica della ricompensa variava.
Durante questi esperimenti i ricercatori hanno misurato per quanto tempo i topi hanno continuavano a battere con il naso nel buco in attesa del cibo, in altre parole, quanto erano pazienti. I test sono stati effettuati ai stimolando i neuroni che rilasciavano, sia in assenza di stimolo.
Quando i ricercatori hanno stimolato le fibre neurali che rilasciano la serotonina, in alcune aree del cervello non hanno riscontrato alcun aumento del tempo di attesa da parte dei topi, suggerendo che la serotonina in quest’area del cervello non ha alcun ruolo nella regolazione della pazienza.
Ma quando gli scienziati hanno stimolato il rilascio di serotonina nella corteccia orbitofrontale e nella corteccia prefrontale mediale, hanno scoperto che i topi aspettavano più a lungo, con alcune differenze cruciali. “Le differenze osservate nel modo in cui ogni area del cervello ha risposto alla serotonina suggerisce che ogni area del cervello contribuisce al comportamento generale di attesa dei topi in modi separati“, ha spiegato il dottor Miyazaki.
Dopo questi test, i ricercatori hanno costruito un modello computazionale per spiegare il comportamento di attesa dei topi. Il modello presume che i topi abbiano un modello interno dei tempi di consegna della ricompensa di cibo e continuano a stimare la probabilità che venga consegnata una ricompensa.
Si presume quindi che i topi siano in grado di giudicare se si trovano in un processo con o senza ricompensa e decidere se continuare o meno ad aspettare. I ricercatori hanno scoperto grazie a questo modello, che la serotonina ha aumentato la convinzione dei topi di trovarsi in una prova con ricompensa, e quindi hanno deciso di aspettare più a lungo.
Secondo il team di ricerca questo studio permette di aumentare la nostra conoscenza di come le diverse aree del cervello sono più o meno influenzate dalla serotonina e potrebbe avere implicazioni vitali nello sviluppo futuro dei farmaci.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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