Un recente studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Linköping, in Svezia, fornisce alcune prove per una teoria sul tipo di mutazione che può essere alla base dell’invecchiamento. La ricerca è stata condotta sui moscerini della frutta, e mostra che il numero di mutazioni genetiche che possono contribuire all’invecchiamento potrebbe essere molto più alto di quanto in precedenza si ritenesse.
Quando invecchiamo molte funzioni del nostro corpo si deteriorano lentamente e fino a che il deterioramento non conduce l’organismo alla morte. Ma per i ricercatori di biologia evolutiva non è ancora assolutamente chiara il motivo per cui tutto ciò avvenga. Come ha dichiarato Urban Friberg, docente presso il Dipartimento di Fisica, Chimica e Biologia dell’Università di Linköping e capo dello studi, “l’evoluzione dell’invecchiamento è, per così dire, un paradosso. L’evoluzione causa un adattamento continuo negli organismi, ma anche così non li ha portati a cessare di invecchiare“.
Negli anni Cinquanta, i biologi evoluzionisti formularono due ipotesi basate su due diversi tipi di mutazione che contribuiscono all’invecchiamento e che hanno un effetto dannoso durante l’età avanzata e che porta all’invecchiamento, ma che rimangono vantaggiose o neutre all’inizio della vita.
Qualche anno fa invece fu proposta una teoria secondo cui le mutazioni genetiche che portano all’invecchiamento avrebbero effetti negativi sin dall’inizio, e il loro effetto dannoso aumenta con l’invecchiamento. Molte delle mutazioni genetiche che insorgono e che portano all’invecchiamento avrebbero dunque effetti negativi fin dall’inizio, rispetto alla normale variante di quel gene.
Questo nuovo studio cerca di dimostrare questa ultima teoria, attraverso una serie di esperimenti con la Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta. Nei moscerini sono state impiantate 20 diverse mutazioni genetiche in un gruppo, mentre un altro gruppo di moscerini senza mutazioni è stato utilizzato come gruppo di controllo. Le mutazioni impiantate nei moscerini riguardavano aspetti facili da osservare, come una diversa forma delle ali o degli occhi.
Inoltre con l’invecchiamento diminuisce anche la probabilità che un organismo si riproduca. I ricercatori hanno determinato la fertilità dei moscerini della frutta e l’hanno utilizzata come misura dell’invecchiamento. Hanno contato il numero di uova deposte da ciascuna femmina all’inizio della vita, dopo due settimane e infine dopo altre due settimane, che nella scala della vita di un moscerino della frutta può essere considerata vecchiaia.
Comparando il gruppo con le mutazioni genetiche con quello di controllo i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle mutazioni avevano un effetto negativo sulla fertilità dei moscerini della frutta sin dall’inizio della vita e la maggior parte di esse ha anche causato un invecchiamento riproduttivo più rapido.
Il ricercatore Martin Iinatti Brengdahl, dottorando presso il Dipartimento di Fisica , Chimica e Biologia afferma che “i risultati suggeriscono che le mutazioni dannose all’inizio della vita possono anche contribuire all’invecchiamento. Pertanto, può darsi che le mutazioni che portano all’invecchiamento siano significativamente più comuni di quanto si credesse in precedenza”.
Immagine: Foto di Manuel Alvarez da Pixabay
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