Un nuovo studio aggiunge alla particolare e curiosa lista di mammiferi fluorescenti anche la lepre saltatrice. Queste lepri biofluorescenti hanno infatti la particolarità di illuminare la loro pelliccia, generalmente marrone, con fantasiosi motivi rosa e arancione sotto i raggi ultravioletti.
Le prime osservazioni della capacita di biofluorescenza delle lepri saltatrici sono state effettuate negli esemplari impagliati di alcuni musei e in alcuni esemplari vivi in cattività. La scoperta ha portato ad un’analisi approfondita che ha rivelato dei colori vividi e con motivi davvero particolari e sorprendenti che, come hanno affermato i ricercatori, sono molto diversi “rispetto alla biofluorescenza trovata in altri mammiferi”.
La capacità di biofluorescenza deriva dal fatto che la pelliccia di questi animali è in grado di assorbire la luce a lunghezze d’onda corte, riemettendola con una lunghezza d’onda più lunga, cambiandone quindi il colore. Molti tipi di invertebrati, rettili, anfibi, pesci e uccelli sono fluorescenti, ma negli ultimi anni gli scienziati hanno scoperto la fluorescenza anche nei mammiferi attivi al tramonto o di notte, come scoiattoli volanti, opossum e ornitorinchi.
A questi dunque ora si aggiungono anche le lepri saltatrici, gli unici membri del genere di roditori Pedetidae. Si tratta di animali notturni di cui sono presenti due specie, P. capensis e P. sundaster, provenienti rispettivamente nell’Africa meridionale e in alcune parti del Kenya e della Tanzania. Sembra che entrambe le specie siano dotate di biofluorescenza.
Questi roditori presentano arti anteriori corti e potenti, mentre quelli posteriori sono specializzati per il salto e ricordano molto le zampe dei canguri, da qui il loro nome di lepri saltatrici.
Erik R. Olson, rautore principale dello studio e professore associato di risorse naturali al Northland College di Ashland nek Wisconsin, assieme ad i suoi colleghi, hanno scoperto la biofluorescenza di queste lepri mentre ne cercavano i segni negli scoiattoli volanti e in altri mammiferi plananti nella collezione del Field Museum di Chicago.
È così che i ricercatori si sono imbattuti casualmente in alcuni cassetti contenenti esemplari di lepri. Come racconta Olson “abbiamo visto questa biofluorescenza rosa-arancione nei cassetti, ed è stato un momento emozionante. Vedere qualcosa del genere, probabilmente per la prima volta, ha davvero alimentato il fuoco della curiosità”.
Così i ricercatori hanno finito con l’esaminare 14 esemplari da museo di lepri saltatrici e sei esemplari allevati in cattività, di cui cinque vivi e uno deceduto. Osservando questi animali sotto la luce UV, il team di scienziati ha notato che la pelliccia marrone scuro presente sul dorso delle lepri, si illuminava con striature, macchie e chiazze di un rosa vivo. I ricercatori hanno inoltre notato che sia i campioni maschili che femminili presentavano lo stesso tipo di biofluorescenza, negli stessi punti del corpo e con la medesima intensità.
Secondo lo studio i colori brillanti della biofluorescenza delle lepri saltatrici, è dovuta a composti organici chiamati porfirine. La luce rosa potrebbe infatti provenire dalla coproporfirina e dall’uroporfirina che emettono fluorescenza nelle regioni gialle, arancioni o rosse dello spettro visibile. Gli scienziati hanno infatti isolato questi due composti dalla pelliccia degli animali, secondo quanto affermato dalla coautrice dello studio Michaela Carlson, assistente professore di chimica al Northland College.
Ma l’aspetto sicuramente più sorprendenti è che queste lepri biofluorescenti presentano dei modelli di fluorescenza molto variabili tra gli individui, e in alcuni addirittura irregolari, con una maggiore concentrazione attorno ai quarti posteriori degli animali.
Inizialmente gli scienziati si sono domandati se le lepri applicassero le porfirine con la loro “igiene personale”, “poiché le porfirine possono essere espulse attraverso l’urina e le feci”, come ha spiegato Carlson. Questa ipotesi è stata infine scartata e sono state avanzate nuove teorie.
Una possibilità è che i diversi pattern di fluorescenza siano dovute alla luce visibile che degrada le porfirine modificando quindi il pattern di fluorescenza oscurandolo in alcuni punti, ovvero quelli dove le porfirine sono state degradate.
Olson ritiene che un’altra possibilità è che questo strano pattern luminoso possa servire come un tipo di mimetizzazione, creando un disturbo visivo che potrebbe proteggere le lepri dai predatori sensibili ai raggi UV.
Olson aggiunge comunque che “c’è anche una buona possibilità che questo tratto non svolga alcun ruolo nelle interazioni intra o interspecie. Sono per questo necessarie ulteriori ricerche”.
Ph. Credit: Erik R. Olson, Michaela R. Carlson, V. M. Sadagopa Ramanujam, Lindsay Sears, Sharon E. Anthony, Paula Spaeth Anich, Leigh Ramon, Alissa Hulstrand, Michaela Jurewicz, Adam S. Gunnelson, Allison M. Kohler & Jonathan G. Martin, via Nature Scientific Reports
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