Recenti scoperte scientifiche hanno portato nuove speranze per chi soffre della malattia di Huntington, nota anche come “danza di San Vito” per i suoi caratteristici movimenti involontari. Uno studio pubblicato su Nature Metabolism ha identificato un enzima, la glutatione S-transferasi omega 2 (GSTO2), che sembra giocare un ruolo cruciale nello sviluppo della malattia. I ricercatori hanno osservato che i livelli di GSTO2 aumentano nel cervello dei pazienti prima della comparsa dei sintomi, evidenziando il potenziale ruolo di questo enzima come fattore scatenante del processo neurodegenerativo.
La malattia di Huntington è una patologia genetica debilitante che porta al deterioramento progressivo dei neuroni, causata da una mutazione nel gene HTT, responsabile della produzione della proteina Huntingtina. La mutazione induce un aumento di dopamina, che colpisce lo striato del cervello, causando sintomi motori e cognitivi tra cui difficoltà di movimento e alterazioni della concentrazione. I sintomi iniziano tipicamente tra i 30 e i 50 anni, peggiorando gradualmente fino a portare alla morte nell’arco di 10-30 anni.
Fino a oggi, i trattamenti per la Corea di Huntington si sono concentrati principalmente sull’alleviamento dei sintomi, poiché la comprensione dei meccanismi che legano la mutazione HTT agli squilibri biochimici nel cervello è rimasta limitata. Tuttavia, i ricercatori dell’Università di Oxford, guidati dalla professoressa Liliana Minichiello, hanno esplorato un nuovo approccio. Invece di focalizzarsi esclusivamente sulla mutazione genetica, lo studio ha indagato sui percorsi biochimici influenzati dalla mutazione, rilevando come l’interruzione dei segnali di sopravvivenza neuronale possa portare a un aumento anomalo di GSTO2.
Questo incremento dell’enzima GSTO2, osservato nei modelli animali e nei tessuti cerebrali umani, sembra anticipare l’aumento di dopamina e i sintomi motori. La scoperta apre una strada verso trattamenti innovativi, ipotizzando che il blocco dell’attività di GSTO2 possa rallentare o addirittura prevenire l’insorgenza della malattia. Gli esperti ora sperano che la ricerca su GSTO2 possa offrire un nuovo bersaglio terapeutico, promuovendo lo sviluppo di trattamenti in grado di intervenire precocemente sulla progressione della Corea di Huntington.
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