Il 95% della materia dell’Universo è costituito da una componente di cui non conosciamo quasi nulla e la cui origine rimane sconosciuta, la materia oscura. Da decenni gli astrofisici si interrogano sulla sua natura e sulla sua origine nell’Universo. Questa materia elusiva non può essere osservata direttamente, non assorbe né emette radiazioni, e fino ad ora la sua presenza è stata solo dedotta sulla base degli effetti gravitazionali che esercita sulla materia visibile.
Man mano che i ricercatori procedono nelle loro indagini, aumentano le ipotesi sull’origine della materia oscura, ed ora un gruppo di studiosi dell’Università di York ha aggiunto un nuovo candidato come elemento esplicativo della nascita della materia oscura. La nuova indagine, se sono corrette le sue ipotesi sull’origine della materia oscura, potrebbe aumentare la nostra comprensione sulla formazione dell’Universo.
Secondo il nuovo studio, ciò che potrebbe far luce sulle origini della materia oscura, è una particella subatomica conosciuta con il nome di d-star esaquark. Una particella formata dall’unione di sei quark, le particelle elementari indivisibili che sono alla base delle particelle subatomiche che compongono la materia.
In genere i quark si uniscono in gruppi di tre, formando così i barioni, le particelle dalla cui unione nascono protoni e neutroni. I barioni e le particelle che da essi derivano, danno vita alla maggior parte della materia visibile presente nell’Universo. Mentre in questo caso, i quark si sarebbero uniti a gruppi di 6, formando gli esaquark.
Secondo la nuova ricerca, nei primi “istanti” dopo il Big Bang, molte delle particelle d-star esaquark, si sono raggruppate formando il condensato di Bose-Einstein, mentre l’universo si stava raffreddando ed espandendo.
Il condensato di Bose-Einstein (BEC) è il quinto stato della materia, che si ottiene quando un insieme di bosoni è portato a temperature estremamente vicine allo zero assoluto. In questo stato una parte delle particelle raggiunge uno stato prossimo a quello di minima energia, producendo effetti quantistici su scala macroscopica.
I condensati delle d-star potrebbero dunque spiegare l’origine della materia oscura, e secondo Daniel Watts, coautore dello studio, “questo nuovo risultato è particolarmente eccitante poiché non richiede concetti nuovi per la fisica. Il prossimo passo per stabilire se questo nuovo candidato è attendibile, sarà quello di comprendere meglio come interagiscono le d-star, quando si attraggono e quando si respingono”.
A questo scopo il team sta cercando di creare delle d-star all’interno di un nucleo atomico. In questo modo sarà possibile capire se, costrette in un nucleo, si comportano in maniera diversa rispetto a quando si trovano nello spazio libero.
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