Sono recentemente stati condotti due diversi studi alla ricerca delle particelle candidate per essere una componente della materia oscura: i bosoni oscuri. Questi due diversi studi hanno condotto a risultati contraddittori. Se uno studio non ha infatti prodotto nessuna evidenza, l’altro invece fornisce validi motivi per continuare a cercare le prove dell’esistenza di queste particelle deboli che però danno vita a quella forza che tiene insieme l’Universo.
A differenza dei bosoni che conosciamo, come i fotoni che tengono legate le molecole ed i gluoni che tengono insieme le particelle che compongono i nuclei atomici, i bosoni oscuri producono interazioni molto deboli e poco influenzano la materia circostante.
Sebbene la loro energia collettiva potrebbe dar vita alla materia oscura, la loro presenza produce solo un lieve segnale, difficile da rilevare per i fisici, ma tuttavia individuabile con il giusto esperimento.
Proprio in questo senso si sono prodigati i due diversi studi in questione. Uno di essi è stato realizzato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), mentre l’altro dall’Università di Aarhus in Danimarca. Entrambi gli studi si sono concentrati sulle discrepanze osservate nel posizionamento di un elettrone, mentre questo passava da un orbitale all’altro nei suo salti energetici.
L’oscillazione di questo posizionamento potrebbe infatti indicare la spinta dell’elettrone da parte di un bosone oscuro. Il bosone dovrebbe essere il risultato dell’interazione tra l’elettrone orbitante attorno al nucleo atomico e i quark che compongono i neutroni del nucleo.
Sebbene i due studi siano stati condotti in modo simile, diversa è stata la scelta dei due istituti per quanto riguarda l’elemento oggetto di analisi. Il MIT ha utilizzato per il suo esperimento degli isotopi di itterbio, un metallo tenero di colore argento ed appartiene al gruppo delle terre rare; mentre i ricercatori dell’Università di Aarhus hanno condotto i loro esperimenti sugli atomi di calcio.
L’esperimento condotto sul calcio non ha prodotto nessuna variazione significativa nel comportamento dell’elettrone, mentre per l’itterbio i ricercatori hanno notato una deviazione significativa da quello che dovrebbe essere il normale comportamento dell’elettrone.
Questo non significa necessariamente che l’esperimento del MIT abbia trovato le prove dell’esistenza del bosone oscuro. I differenti risultati ottenuti dai due istituti riguardo questa particella della materia oscura, potrebbero infatti dipendere dall’effettiva presenza o meno del bosone, così come da un diverso approccio all’esperimento, ovvero dalle differenze con cui sono stati eseguiti i calcoli relativi alle indagini.
Sono quindi necessarie ulteriori indagini, ad esempio per determinare in che cosa differiscano i due esperimenti e perché abbiano prodotto risultati differenti. I ricercatori hanno dunque nuovo lavoro da fare, sempre alla ricerca di quella misteriosa componente dell’Universo che ne costituisce la maggior parte e che per ora conosciamo solo come materia oscura.
Immagine: Foto di Engin Akyurt da Pixabay
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