In un nuovo studio è stato individuato quello che potrebbe essere il sito di un megatsunami su Marte, avvenuto dopo un impatto cosmico. Il grande tsunami avrebbe avuto luogo non lontano dal sito di atterraggio della sonda NASA, Viking 1.
Nonostante ora la superficie di Marte sia arida e fredda, diverse prove suggeriscono che miliardi di anni fa, il Pianeta Rosso ospitava un grande oceano. Già delle precedenti ricerche avevano trovato tracce di due megatsunami avvenuti a seguito dell’impatto di meteoriti, circa 3,4 miliardi di anni fa.
Lo tsunami più vecchio dei due avrebbe provocato l’inondazione di circa 800.000 chilometri quadrati di superficie marziana, mentre quello più giovane avrebbe sommerso una regione di circa 1 milione di km quadrati.
Secondo uno studio del 2019, il punto da cui sarebbe partito lo tsunami più recente sarebbe il cratere Lomonosov, un cratere d’impatto largo 120 km situato nelle pianure ghiacciate della zona artica di Marte.
Questo nuovo studio invece identifica quello che potrebbe essere il punto di origine dello tsunami più vecchio. Si tratterebbe del cratere Pohl, largo 111 km, che l’Unione Astronomica Internazionale ha intitolato ad agosto al grande maestro della fantascienza Frederik Pohl.
Il luogo sarebbe circa a 900 km dal sito di atterraggio del Viking 1 della NASA, il primo veicolo spaziale ad operare con successo sulla superficie marziana, che atterrò nel 1976 a Chryse Planitia, una pianura circolare liscia nella regione equatoriale settentrionale di Marte.
La sonda è atterrata vicino all’estremità di un canale gigante, Maja Valles, scavato da un’antica alluvione catastrofica. Quella fu la prima volta che gli scienziati identificarono un paesaggio extraterrestre scavato da un fiume.
In uno scenario del genere, i ricercatori si aspettavano di trovare un ambiente con caratteristiche tipiche di un alluvione dovuto all’esondazione di un corso d’acqua, come ad esempio isole aerodinamiche levigate dall’acqua che scorre. Ma ciò che hanno scoperto era ben lontano da un simile ambiente. Si trattava infatti di una pianura disseminata di massi che, secondo i ricercatori, potrebbero essere detriti di un megatsunami, dovuto ad un impatto cosmico.
Come spiega infatti Alexis Rodriguez, scienziato planetario presso il Planetary Science Institute in Arizona e autore principale dello studio, a seguito dell’impatto della roccia spaziale, “il fondale marino sarebbe stato lanciato in aria, alimentando l’onda con sedimenti e probabilmente aiutando lo sviluppo di un catastrofico fronte di flusso di detriti“.
I ricercatori hanno analizzato le mappe della superficie di Marte, create combinando immagini di precedenti missioni sul pianeta, mettendosi alla ricerca del cratere lasciato dall’impatto che ha provocato il megatsunami. Come spiega infatti Rodriguez, l’oceano che 3,4 miliardi di anni fa si trovava in quelle che ora sono le pianure settentrionali di Marte, si sarebbe formato a causa di inondazioni catastrofiche rilasciate dalle falde acquifere.
Quindi i ricercatori hanno cercato le tracce del megatsunami, cercando un cratere sotto i residui ghiacciati dell’oceano e sopra i canali lasciati dalle inondazioni che hanno portato alla formazione dell’oceano. Dalle loro analisi è emerso che il cratere Pohl era l’unico che soddisfaceva questo criterio.
Per cercare di capire come doveva essere l’asteroide che ha creato il cratere Pohl, i ricercatori hanno simulato una serie di impatti cosmici su questa regione. Secondo i risultati è molto probabile che il sito di atterraggio di Viking 1 sia su un deposito di detriti del megatsunami.
Secondo lo studio, per dare vita ad un cratere come Pohl, in caso di una forte resistenza al suolo, si sarebbe dovuto schiantare un asteroide del diametro di 9 km, con un impatto che avrebbe liberato un’energia equivalente a 13 milioni di megatoni di TNT. In caso invece di una debole resistenza al suolo, avrebbe potuto avere un diametro di soli 3 km, rilasciando l’energia di 500.000 megatoni di TNT. In entrambi i casi, si sarebbe avuto su Marte un megatsunami che si è esteso fino a 1.500 km dal luogo dell’impatto.
Ora i ricercatori intendono continuare ad analizzare questi luoghi per cercare di capire quali siano state le conseguenze dei due megatsunami sull’oceano di Marte e cercare di scoprire se vi possano essere state delle conseguenze dal punto di vista biologico.
Ph. Credit: Universitat Autònoma de Barcelona
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