Il telescopio spaziale Hubble ha catturano la collisione tra l'asteroide Dimorphos quando ed il veicolo spaziale della missione Double Asteroid Redirection Test (DART) della NASA, il 26 settembre 2022. Ph. Credit: NASA, ESA, STScI e Jian-Yang Li (PSI); Elaborazione delle immagini: Joseph DePasquale (STScI)
I nuovi risultati ottenuti dallo studio dei dati della missione DART della NASA confermano che potremmo essere in grado di difendere la Terra dagli asteroidi. Lo scorso anno la missione Double Asteroid Redirection Test (DART) della NASA ha infatti cercato di scoprire se un “impattatore cinetico” potesse essere in grado di deviare un asteroide potenzialmente pericoloso dalla sua orbita.
La missione DART è sembrata promettente sin dall’inizio ed ora i primi studi scientifici sembrano confermare che “la tecnologia dell’impattore cinetico è una tecnica praticabile per difendere potenzialmente la Terra, se necessario”.
La missione DART si proponeva infatti di determinare se colpire un asteroide con una forza sufficiente a cambiare la sua orbita è una strategia di difesa planetaria attuabile. Nello specifico, ha testato la tecnica dell’”impattatore cinetico”, un modo elegante per dire “colpire l’asteroide con un oggetto in rapido movimento”.
L’asteroide Dimorphos era un bersaglio perfetto. Questo oggetto celeste è infatti in orbita attorno ad un corpo più grande, Didymos, una condizione che ci ha permesso di determinare con facilità se davvero vi è stata una modifica nell’orbita di Dmorphos a seguito dell’impatto. L’impatto del veicolo spaziale DART è stato infatti progettato proprio per modificare leggermente questa orbita, rallentandola un po’, più o meno di circa sette minuti.
Affinché la missione DART potesse dimostrarci che questa strategia è un possibile strumento per la difesa planetaria, era necessario dimostrare due cose: che il suo sistema di navigazione fosse in grado di manovrare autonomamente e mirare in modo preciso un asteroide durante un incontro ad alta velocità; che un tale impatto possa effettivamente modificare l’orbita dell’asteroide.
Secondo uno degli studi scientifici recentemente pubblicati, condotto da Cristina Thomas della Northern Arizona University, sembra che la missione “DART abbia fatto entrambe le cose con successo”. Anzi i risultati sono stati migliori del previsto, dato che invece dei sette minuti previsti, l’orbita si è ridotta di ben 33 minuti.
Questo risultato mostra che il cambiamento nell’orbita di Dimorphos non è dovuto solo all’impatto della sonda DART. La maggior parte del cambiamento è dovuta infatti all’effetto di rinculo di tutto il materiale espulso nello spazio, che Ariel Graykowski del SETI Institute e colleghi hanno stimato essere tra lo 0,3% e lo 0,5% della massa totale dell’asteroide.
Ciò che la missione DART ci ha dunque dimostrato è che dobbiamo anche tener conto dei detriti che scaturiscono da un tale impatto. Jian-Yang Li del Planetary Science Institute e colleghi hanno infatti descritto in dettaglio come il materiale espulso è stato sollevato dall’impatto creando una coda di detriti di 1.500 km che è rimasta visibile per quasi un mese.
Dato che gli asteroidi sono fatti di materiale roccioso, i detriti espulsi potrebbero rappresentare un pericolo. Registrare un esempio reale della creazione e dell’evoluzione di scie di detriti di un asteroide è stato dunque un altro passaggio fondamentale della missione DART.
Il successo della missione DART della NASA è dunque la prima dimostrazione della nostra capacità di proteggere la Terra dall’eventuale minaccia di asteroidi, anche se ci sono ancora molti dettagli da mettere a punto.
Ph. Credit: NASA, ESA, STScI e Jian-Yang Li (PSI); Elaborazione delle immagini: Joseph DePasquale (STScI)
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