Un team di ricercatori dell’Università del Texas ad Austin ha fatto un importante passo avanti nella neurotecnologia, sviluppando un “decodificatore cerebrale” che riesce a tradurre i pensieri in testo scritto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e con un addestramento minimo sul soggetto.
Lo studio, pubblicato su Current Biology, dimostra che il dispositivo non solo funziona più velocemente dei precedenti, ma è anche più flessibile, capace di lavorare su soggetti diversi da quelli su cui è stato inizialmente addestrato.
Come funziona il decodificatore cerebrale
Il sistema utilizza dati raccolti tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), mentre i partecipanti ascoltano storie radiofoniche o guardano video. Queste informazioni cerebrali vengono poi interpretate tramite algoritmi di machine learning, che cercano corrispondenze tra l’attività neurale e il contenuto narrativo.
La vera innovazione sta nell’uso di un algoritmo di conversione che consente di “trasferire” un modello addestrato su un individuo verso un altro, anche con soli 70 minuti di nuovi dati da video o audio. Questo processo, detto allineamento funzionale, mappa le risposte neurali tra soggetti diversi.
Risultati sorprendenti, anche senza suono
Un esempio pratico citato da Live Science mostra come, ascoltando una frase come:
“Sono una cameriera in una gelateria. Non so dove vorrei essere, ma so che non è qui”,
il decoder ha generato:
“Avevo un lavoro che trovavo noioso. Dovevo prendere ordini e non mi piacevano, quindi li eseguivo tutti i giorni.”
Pur non essendo una traduzione parola per parola, il significato viene colto e riformulato correttamente. E la cosa più sorprendente? Il decoder riesce a farlo anche con dati raccolti da video senza audio.
Un futuro di applicazioni (e domande etiche)
Secondo Alexander Huth, uno dei principali autori, questo sistema rappresenta una svolta: “Possiamo raccogliere dati mentre qualcuno guarda video muti e usarli per costruire un decodificatore del linguaggio per il suo cervello”. Una possibilità che potrebbe rivoluzionare la comunicazione per persone con disabilità neurologiche.
Tuttavia, questi risultati aprono anche nuove questioni etiche: chi controllerà questi dati? Si potrà davvero “leggere la mente” senza consenso?
Un passo avanti verso l’origine della complessità
Questa scoperta non solo aggiunge un tassello fondamentale alla storia della vita sulla Terra, ma offre anche nuove prospettive per lo studio delle origini della complessità biologica. I microbi cinesi ci ricordano che le risposte alle domande più profonde possono nascondersi nei luoghi più inaspettati: a volte, basta guardare nel fango.