Spesso si prendono degli integratori per sopperire ad alcune mancanze nutrizionali. A volte lo si fa perché ci è impossibile arrivare a quel nutrimento tramite l’alimento base, per esempio a causa di un’intolleranza, a volte lo si fa solo per pigrizia o per evitare tutto il resto che si andrebbe ad ingerire con un alimento. Un nuovo studio sta suggerendo che questa abitudine potrebbe non portare nessun beneficio a lungo andare al contrario di un alimentazione normale.
Ecco una dichiarazione di uno dei ricercatori della Tufts University e responsabile di tale studio, Fang Zhang: “I nostri risultati supportano l’idea che, mentre l’uso di integratori contribuisce ad aumentare il livello di apporto totale di nutrienti, ci sono associazioni benefiche con sostanze nutritive da alimenti che non si vedono con integratori. Questo studio conferma anche l’importanza di identificare la fonte di nutrienti nella valutazione dei risultati di mortalità.”
Apparentemente alcuni integratori non solo non hanno gli stessi effetti di un alimentazione normale, ma in alcuni casi possono anche portare ad effetti nocivi. Uno di questi è il calcio il quale è stato associato ad aumento del rischio di morte per cancro. Tale eventualità si presenta nel caso si prendano più di 1000 mg al giorno, ma la stessa quantità presa attraverso gli alimenti non sembra avere lo stesso risultato.
La ricerca dietro lo studio si è basata su un campione di 30.000 adulti negli Stati Uniti la cui età minima era di 20 anni. La raccolta di dati è durata ben 11 anni, dal 1999 al 2010 e in questo tempo 945 individui sono morti a causa di malattie cardiache mentre 805 per cause legate al cancro.
I dati più rilevanti in merito riguardano all’uso eccessivo di nutrimenti, come la vitamina D, o l’uso corretto di altre soprattutto attraverso il cibo, come la vitamina A e K. Nel primo caso c’era un aumento della possibilità di contrarre patologie mortali come anche il cancro mentre nel secondo caso si è registrata una minore possibilità di morire prematuramente. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista media Annals of Internal Medicine.
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