Secondo un studio pubblicato dal climatologo Zeke Hausfather, dal 1970 la temperatura dell’oceano è aumentata del 40% in più rispetto alle precedenti previsioni, aumentando considerevolmente il ritmo del riscaldamento degli oceani.
Grazie alle misurazioni Ocean Heat Content Records è stato possibile esaminare la temperatura delle acque non solo in superficie ma anche in profondità permettendo di ottenere risultati più accurati, dovuti a nuovi metodi di analisi e allo sviluppo di una vasta rete di sensori chiamata Argo.
I risultati segnalano un surriscaldamento maggiore di quello previsto dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico nel 2013. Si è potuto in aggiunta constatare come il 93% del calore in eccesso, causato dalle emissioni di gas serra provocate dall’uomo, sia contenuto negli oceani.
Un’ eccessiva temperatura dell’acqua non permette di trattenere il diossido di carbonio, uno dei gas responsabili dell’effetto serra, il che crea un ulteriore ciclo di riscaldamento terrestre. Questa è solo una delle tante ripercussioni ambientali: ad esempio il corallo è un organismo molto sensibile alla temperatura dell’acqua che, se supera un certo grado di calore, può indurlo a diventare bianco, quindi alla morte dell’organismo, dando inizio ad un fenomeno distruttivo globale: la rovina di gran parte delle barriere coralline che costituiscono il 25% della vita negli oceani.
La conseguenza più diretta riguarda il cambiamento climatico, con l‘aumentare dei gradi gli uragani e alluvioni aumenteranno proporzionalmente la loro intensità. Uno studio del climatologo Tom Knutson mostra come alla fine di questo secolo il numero degli uragani di categoria 4 e 5 potrebbero aumentare del 42% causando un conseguente aumento dei danni fisici.
La vastità degli oceani rende i dati dello studio meno variabili di quelli acquisiti tramite l’atmosfera, il che conferma quanto le stime sul futuro del nostro intero ecosistema siano attendibili e quanto esso stia cambiando più rapidamente di quanto non sia mai successo.
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