Circa 600000 anni fa, l’umanità si divise in due grandi gruppi. Uno, quello dal quale discendiamo noi, rimase in Africa; l’altro, via terra, si spinse in Asia, poi in Europa, diventando quello che oggi è noto come uomo di Neanderthal. Non si trattava ancora dei nostri progenitori, ma di loro parenti che si evolvevano in parallelo. Un articolo pubblicato sulla rivista Science Alert rivela la curiosa storia di questa evoluzione e delle lotte che ha comportato.
I neandertaliani ci attraggono perché ci raccontano moltissimi particolari su noi stessi e sulla nostra esistenza. Siamo spesso tentati di immaginarli vivere una vita idilliaca, in pace con la natura e tra di loro, come Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden. Se così fosse, sarebbe la prova del fatto che forse i mali che oggi affliggono l’umanità non sono innati, ma sono invenzioni moderne.
Purtroppo, però, la biologia e la paleontologia dipingono un quadro più oscuro. Lungi dall’essere pacifici, gli uomini di Neanderthal erano probabilmente abili combattenti, pericolosi guerrieri e avevano un solo rivale: l’uomo moderno. I mammiferi terrestri predatori sono territoriali e, soprattutto, cacciatori sociali. Così come i leoni, i lupi e l’homo sapiens, i neandertaliani erano cacciatori collaborativi esperti di caccia grossa. Questi predatori, che si trovavano in cima alla catena alimentare, avevano pochi predatori nemici, per cui la sovrappopolazione portava al conflitto per la divisione dei i territori di caccia.
Questa territorialità ha radici profonde nell’uomo. I conflitti territoriali sono intensi anche nei nostri parenti più stretti, gli scimpanzé. Gli scimpanzé maschi si coalizzano abitualmente per attaccare e uccidere i maschi delle bande rivali, un comportamento sorprendentemente simile alle guerre che si verificano nelle comunità umane. Questo implica che l’attitudine all’aggressione di gruppo si è evoluta nel progenitore comune che abbiamo con gli scimpanzé già 7 milioni di anni fa. Se così fosse, l’uomo di Neanderthal avrebbe ereditato questa stessa tendenza.
Ph. credits: Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay
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