Sappiamo bene quanto siano elusive e difficili da osservare le onde gravitazionali, quelle distorsioni dello spazio e del tempo teorizzante per un secolo e rilevate solo recentemente. Enormi progressi sono stati fatti dai ricercatori in questo campo e, secondo un recente studio, le onde gravitazionali potrebbero rilasciare nello spazio, delle tracce più persistenti che saremmo in grado di rilevare.
Queste tracce sono note con il nome di “osservabili persistenti delle onde gravitazionali”, e sono state matematicamente definite da un gruppo si scienziati della Cornell University. L’astrofisica Éanna Flanagan, assieme ai suoi colleghi, hanno fornito nel loro articolo relativo allo studio, tre esempi di ciò che potrebbero essere questi fenomeni e più persistenti delle onde gravitazionali.
Ma prima vediamo che cosa sono esattamente le onde gravitazionali, e come fino ad ora ne abbiamo rilevato la presenza nello spazio. Le onde gravitazionali furono teorizzate da Albert Einstein nel 1916, nella sua Teoria della Relatività Generale. Sono delle increspature dello spazio-tempo provocate dall’onda d’urto generata dallo scontro di due oggetti di masse enormi, come ad esempio un buco nero ed una stella di neutroni, due buchi neri o due stelle di neutroni.
Nonostante siano state quindi teorizzate oltre 100 anni fa, solo nel 2015 gli scienziati sono riusciti a sviluppare un’apparecchiatura abbastanza sensibili da rilevarle: l’interferometro. Si tratta di uno strumento che emette duo o più raggi laser con lunghezze d’onda tali da annullarsi a vicenda, così che nessuna luce viene rilevata dallo strumento. Ma quando i raggi laser incontrano un’onda gravitazionale, vengono deformati, allungati o accorciati. Si interrompe quindi il loro schema di interferenza reciproca, ed i raggi laser non riescono più ad annullarsi tra di loro e finiscono così per colpire il fotorilevatore dello strumento. Lo schema con cui la luce colpisce l’interferometro, può dare preziose informazioni sull’evento che ha generato l’onda.
Secondo la dott. Flanagan, la distorsione dello spazio-tempo provocato dalle onde d’urto, potrebbe produrre degli effetti più duraturi. Questo poiché mentre le onde gravitazionali si propagano, possono interferire con gli oggetti e le particelle che si trovano sulla loro strada, modificandone ad esempio la velocità o la traiettoria. Questi oggetti e particelle impiegheranno poi un certo tempo per ritornare alle loro condizioni originarie, ed in questo lasso di tempo, le modifiche subite possono essere osservate, dando una misurazione indiretta dell’onda gravitazionale che le ha provocate.
Il primo esempio riportato dal team di ricerca riguarda in modo dettagliato, i cambiamenti che una particella potrebbe subire nella sua rotazione, accelerazione e velocità. Un secondo esempio è invece rappresentato dall’effetto che le onde gravitazionali possono avere sul tempo, con un effetto simile alla sua dilatazione. Il terzo esempio riguarda invece la loro rilevazione da parte degli interferometri. Sembra infatti che le onde gravitazionali siano in grado di modificare in modo permanente la posizione degli specchi dello strumento.
Dal 2015, quando furono rilevate per la prima volta, non ci sono state molte rilevazioni e la rete di interferometri LIGO e Virgo venne disattivata. Ma recentemente, e fortunatamente, il sistema LIGO e Virgo è stato riattivato, proprio all’inizio dello scorso mese. Quasi come per ringraziare gli scienziati della sua rinnovata attività, dal sistema si sono ottenute circa una registrazione a settimana. Si spera quindi di riuscire ad ottenere presto un database si dati sufficientemente ampio.
Il campo della ricerca sulle onde gravitazionali prende quindi nuovamente vita e gli scienziati sono impazienti di mettere alla prova e formulare nuovi modelli matematici nella speranza di svelare i misteri di questi affascinanti eventi che potrebbero portarci ad una maggiore conoscenza degli oggetti che li hanno creati e che da sempre ci affascinano: i buchi neri.
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