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Osservate per la prima volta le valanghe di fotoni nelle nanoparticelle

I ricercatori della Columbia Engineering svelano di aver sviluppato il primo nanomateriale che dimostra al suo interno l’esistenza della “valanga di fotoni”, un processo che non ha rivali nella sua combinazione di comportamento ottico non lineare estremo ed efficienza. La realizzazione di valanghe di fotoni in forma di nanoparticelle apre una serie di applicazioni ricercate, dalla microscopia ottica a super risoluzione in tempo reale, al rilevamento preciso della temperatura e dell’ambiente, al rilevamento della luce infrarossa, alla conversione ottica analogico-digitale e al rilevamento quantistico.

 

L’importanza delle valanghe di fotoni nella ricerca scientifica

James Schuck, professore associato di Ingegneria meccanica, che ha condotto lo studio apparso oggi sulla rivista Nature, spiega che nessuno aveva mai visto prima un simile fenomeno nei nanomateriali. Lo studioso aggiunge che il suo team ha studiato ogni singola nanoparticella ed è stato in grado di dimostrare che nei nanomateriali possono verificarsi valanghe di fotoni.

Questa straordinaria sensibilità potrebbe cambiare radicalmente la nostra vita; per esempio, potrebbe renderci capaci di percepire i cambiamenti nel nostro ambiente chimico, come le variazioni o la presenza effettiva di specie molecolari. Potremmo anche essere in grado di rilevare il coronavirus e altre malattie.

Di particolare interesse per i ricercatori è il fatto che l’assorbimento di un singolo fotone porti non solo all’emissione di un gran numero di fotoni, ma anche a una proprietà sorprendente: i fotoni emessi sono “upconvertiti” e ognuno di essi ha un’energia superiore (di colore blu più intenso) rispetto al singolo fotone assorbito.

Gli scienziati possono utilizzare lunghezze d’onda nell’area infrarossa dello spettro ottico per creare grandi quantità di fotoni ad alta energia che hanno un’elevata capacità di indurre i cambiamenti chimici desiderati, ad esempio l’uccisione delle cellule tumorali, in punti mirati in profondità nel tessuto, ovunque siano posizionate le nanoparticelle durante la valanga.

Ph. credits: Foto di 

Gloria Fiorani

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