Per chi soffre di Parkinson potrebbero esserci delle buone notizie. Una nuova scoperta al riguardo ha suggerito che l’adenosina, un neurotrasmettitore, agisce da freno sulla dopamina, un altro neurotrasmettitore coinvolto nel controllo motorio. I risultati rivelano che l’adenosina e la dopamina operano in una dinamica push-pull nel cervello. Ci sono due circuiti neuronali: uno che aiuta a promuovere l’azione e l’altro che inibisce l’azione.
La dopamina promuove il primo circuito per consentire il movimento e l’adenosina è il freno che promuove il secondo circuito e porta equilibrio al sistema. La nuova scoperta ha il potenziale per suggerire in maniera immediata nuove strade per lo sviluppo di nuovi farmaci contro la malattia e contro i sintomi del morbo.
Il morbo di Parkinson è un disturbo del movimento che si ritiene sia causato dalla perdita di cellule produttrici di dopamina nel cervello. I ricercatori sospettano da tempo che la dopamina sia influenzata da una dinamica opposta di segnalazione neuronale nello striato, una regione critica del cervello che media il movimento insieme a ricompensa, motivazione e apprendimento. Lo striato è anche la principale regione del cervello colpita nel morbo di Parkinson dalla perdita di cellule produttrici di dopamina. Nel nuovo studio, i ricercatori per la prima volta hanno rivelato in modo chiaro e definitivo che l’adenosina è il neurotrasmettitore che agisce in senso oppositivo con la dopamina.
Lo studio ha coinvolto i topi, utilizzando nuove sonde proteiche geneticamente modificate recentemente sviluppate in laboratorio. In particolare, l’adenosina è anche ben nota come recettore su cui agisce la caffeina. Come sappiamo il caffè agisce sul nostro cervello con gli stessi recettori. Bere caffeina solleva il freno imposto dall’adenosina. Quindi i ricercatori hanno individuato una nuova molecola la cui somministrazione sistemica porta ad una riduzione dei sintomi motori tipici della malattia di Parkinson e a un recupero biochimico e funzionale dei neuroni dopaminergici.
La struttura chimica di questa molecola, un oligosaccaride, non presenta fattori critici sul profilo di tossicità ed è in grado di attraversare la barriera ematoencefalica rimanendo metabolicamente invariata. La molecola oggetto della ricerca agisce a livello della superficie cellulare, attivando una serie di segnali intracellulari neurotrofici, neuro-protettivi e neuro-ristorativi che permettono di contrastare le cause del morbo di Parkinson: stress ossidativo, neuro-infiammazione, eccito-tossicità, disfunzione mitocondriale e accumulo di alpha-sinucleina.
A differenza delle forme familiari dove l’alterazione di uno o più specifici geni causano l’insorgenza della malattia, per la forma sporadica di Parkinson non sono ancora disponibili teorie in grado di spiegare la sua complessa eziologia. Infatti, nonostante le molteplici ipotesi avanzate, nessuna è in grado di risolvere con successo tutti i dati riguardanti le manifestazioni centrali e periferiche del Parkinson sporadico. Attualmente, non è disponibile una cura per la malattia di Parkinson. Il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare sono in grado di fornire solo sollievo ai sintomi. Circa 6 milioni di persone vivono oggi con la malattia di Parkinson e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che le persone che soffriranno di Parkinson saranno oltre i 14 milioni nel mondo entro il 2040.
Foto di Annick Vanblaere da Pixabay
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