Il morbo di Parkinson è causato da una perdita di cellule nervose in una parte specifica del cervello
Andando avanti con l’età ed entrando nel periodo della vecchiaia, si può andare incontro a varie malattie neurodegenerative, molto diffuse nella popolazione sopra i 60 anni, le cui più diffuse sono il morbo di Alzheimer e quello di Parkinson.
Riguardo a quest’ultimo morbo, uno specifico gruppo di neuroni inizia a morire uno a uno, causando problemi di movimento e altri sintomi. Gli scienziati si sono concentrati a lungo per scoprire perché questi neuroni muoiono. Ora si scopre che potrebbero addirittura non essere nemmeno morti.
I ricercatori della Rockefeller University hanno scoperto che i neuroni affetti dal morbo di Parkinson possono arrestarsi senza morire completamente, mentre finora si era convinti che questi neuroni morissero. Queste cellule non morte, hanno scoperto il team, rilasciano sostanze chimiche che bloccano anche i loro vicini altrimenti sani, portando agli effetti balbuzie e fermanti osservati nei pazienti con Parkinson.
Le cellule non morti sono, infatti, piuttosto comuni. Si trovano in tutto il corpo. Come parte di un normale processo chiamato senescenza, le cellule possono spegnersi quando riconoscono di aver subito un danno al DNA durante la divisione. Questo aiuta a prevenire la crescita incontrollata delle cellule danneggiate e causare problemi come il cancro.
Tuttavia, la senescenza non si riscontra in genere nelle cellule nervose del cervello. A differenza di altre cellule del corpo, i neuroni smettono di dividersi quando sono completamente formati. Ma i ricercatori hanno scoperto che, sorprendentemente, i neuroni della dopamina, che regolano la motivazione, la memoria e il movimento producendo dopamina messaggera chimica – possono tuttavia diventare senescenti. “Questa è stata una scoperta del romanzo“, afferma Markus Riessland, autore principale del documento. “E questo è stato emozionante per noi.”
Ed è da questo inizio che poi è stata fatta la scoperta anche per i neuroni del morbo di Parkinson. I risultati suggeriscono infatti che i futuri farmaci volti a fermare questo processo di inattivazione cellulare potrebbero aiutare a prevenire la malattia o rallentarne la progressione.
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