L’anno scorso un enorme cratere è apparso improvvisamente nel permafrost siberiano; si è trattato di una potente esplosione di gas metano che ha lanciato ghiaccio e frammenti di roccia a centinaia di metri di distanza e ha lasciato un’ampia cicatrice circolare nel paesaggio vuoto e inquietante. Gli scienziati affermano che questo è il 17° buco ad apparire nelle remote penisole di Yamal e Gyda, nell’Artico russo, dall’individuazione del primo nel 2013. Si pensa che i crateri siano legati al cambiamento climatico. Le fotografie con i droni, la modellazione 3D e l’intelligenza artificiale stanno aiutando a rivelare i loro segreti.
Evgeny Chuvilin, ricercatore capo dello Skolkovo Institute of Science and Technology’s Center for Hydrocarbon Recovery di Mosca, spiega che il nuovo cratere è in uno stato eccezionale di conservazione, poiché non era ancora pieno d’acqua al momento della scoperta, il che ha permesso agli scienziati di studiare un cratere intatto. Questo episodio segna anche la prima volta in cui i ricercatori hanno potuto far volare un drone in profondità in un cratere, raggiungendo una profondità compresa fra i 10 e 15 metri sotto la superficie terrestre e individuando la forma della cavità sotterranea dove il metano si era accumulato.
Il dr. Chuvilin ha fatto parte di un team di scienziati russi che ha visitato il cratere nell’agosto 2020. Le scoperte del team sono apparse sulla rivista Geosciences la scorsa settimana. Il drone ha scattato circa 80 fotografie, permettendo ai ricercatori di costruire un modello 3D del cratere, che è profondo 30 metri. L’autore dello studio Igor Bogoyavlensky, dell’Oil and Gas Research Institute presso la Russian Academy of Sciences, ha pilotato il drone e ha dichiarato di essersi dovuto sdraiare sul bordo del cratere, profondo come un edificio di 10 piani, e far penzolare le braccia oltre il bordo per controllare il drone. Lo studioso aggiunge che per tre volte il team ha rischiato di perdere il drone, ma alla fine è riuscito a ottenere i dati necessari per il modello 3D.
Il modello, che ha mostrato la presenza di insolite grotte o caverne nella parte inferiore del cratere, ha ampiamente confermato ciò che gli scienziati avevano ipotizzato: il gas metano si accumula in una cavità nel ghiaccio, facendo apparire un rigonfiamento a livello del suolo. Il cumulo cresce continuamente fino ad espellere ghiaccio e altri detriti in un’esplosione e lasciare dietro di sé un enorme cratere.
Il dr. Chuvilin precisa che il cambiamento climatico, naturalmente, influisce sulla probabilità di formazione dei crateri in seguito all’esplosione di gas nel permafrost siberiano. Con l’uso di immagini satellitari, i ricercatori sono riusciti a individuare anche la data della formazione del cratere. Essi ritengono che il cumulo di metano sia esploso in un momento compreso tra il 15 maggio e il 9 giugno 2020. Gli scienziati hanno localizzato per la prima volta il cratere durante un volo in elicottero il 16 luglio 2020.
Secondo il dr. Chuvilin, la tempistica non è casuale: si tratta del periodo dell’anno in cui l’afflusso di energia solare è maggiore, il che provoca lo scioglimento della neve e il riscaldamento degli strati superiori del terreno, fenomeni che causano a loro volta cambiamenti nelle loro proprietà e nel loro comportamento.
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