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Scoperta la più grande esplosione nello spazio dopo il Big Bang

Grazie ai dati raccolti dall’osservatorio a raggi x della NASA, Chandra, un team di ricercatori guidati da Simona Giacintucci, un’astrofisica italiana che ha conseguito laurea e dottorato a Bologna, e che ora lavora al Naval Research Laboratory di Whashington, ha scoperto le tracce lasciate da un enorme esplosione, la più grande che si sia mai verificata nel cosmo dopo il Big Bang.

 

Dall’energia di un buco nero nell’ammasso galattico dell’Ofiuco

La scoperta è avvenuta grazie ai dati raccolti non solo da Chandra, ma anche da un osservatorio spaziale europeo e da telescopi terrestri. A collaborare con Chandra l’ossarvetario Xmm-Newton dell’ESA, e i dati radio del Murchison Widefield Array (Mwa), in Australia, e del Giant Metrewave Radio Telescope (Gmrt), in India.

I ricercatori ritengono che che l’esplosione abbia avuto luogo nel cuore del gruppo dell’Ofiuco: un ammasso galattico, a 390 milioni di anni luce dalla Terra, nel cui cuore si nasconde un colossale buco nero. L’ammasso dell’Ofiuco è formato da migliaia di galassie, gas caldo e materia oscura tenuti insieme dalla gravità. Al centro dell’ammasso c’è un’enorme galassia, che è quella che contiene il buco nero supermassiccio che i ricercatori ritengono la fonte dell’esplosione.

Si tratta da un buco nero attivo, che si nutre del gas circostante ed occasionalmente espelle grandi quantità di materia, espulse nello spazio a velocità relativistiche. Si tratta di eruzioni ed emissioni senza precedenti, come nel caso di questa esplosione, che ha rilasciato un’energia di cinque volte maggiore rispetto alla precedente detentrice del record. Un’esplosione talmente devastante da scavare una cavità nel plasma dell’ammasso. Secondo la Giacintucci “nel cratere prodotto da questa eruzione nel gas caldo dell’ammasso, ci si potrebbero far stare 15 galassie grandi come la Via Lattea una accanto all’altra”.

 

La grande esplosione ha lasciato un enorme cavità nello spazio

Già nel 2016 un team di ricercatori, guidati da Norbert Werner, avevano notato le prime tracce di questa esplosione. Allora i dati di Chandra avevano mostrato nell’immagine ai raggi X dell’ammasso, un bordo curvo alquanto insolito. Inizialmente fu considerata la possibilità che potesse trattarsi di una cavità nel gas, scavata dai getti provenienti dal buco nero supermassiccio. Ma alla fine l’ipotesi fu scartata per la grande quantità di energia che sarebbe stata necessaria per creare una cavità così grande.

Lo studio, pubblicato su Airxiv ed in attesa di pubblicazione su The Astrophysical Journal, riporta che il bordo curvo della cavità osservata in precedenza da Chandra è stato adesso rilevato anche da Xmm-Newtone e dai nuovi dati radio del radiotelescopio Mwa, e quelli di archivio di Gmrt, per dimostrare che il bordo curvo, circondando una regione densa d’emissione radio, fa effettivamente parte della parete di una cavità. Come afferma Maxim Markevitch del Goddard Space Flight Center della NASA, e coautore dello studio, “i dati radio si adattano ai raggi X come una mano in un guanto”.

I ricercatori ritengono che l’esplosione sia ormai conclusa, non avendo rilevato segnali di getti che provengono attualmente dal buco nero. Saranno comunque necessarie altre osservazioni ed in altre lunghezze d’onda per capire con certezza che cosa sia accaduto.

Melanie Johnston-Hollitt, dell’International Center for Radio Astronomy in Australia e co-autrice dello studio, ha dichiarato infatti che “avere le informazioni combinate dai raggi X e dai radiotelescopi ha rivelato questa straordinaria fonte, ma saranno necessari ulteriori dati per rispondere alle molte rimanenti domande poste da questo oggetto”.

Valeria Magliani

Instancabile giramondo, appassionata di viaggi, di scoperte e di scienza, ho iniziato l'attività di web-writer perché desideravo essere parte di quel meccanismo che diffonde curiosità e conoscenza. Dobbiamo conoscere, sapere, scoprire e viaggiare, il più possibile. Avremo così una vita migliore, in un mondo migliore.

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