Nonostante le chiusure di musei e parchi archeologici, Pompei continua a stupire e regalarci nuove testimonianze del suo ricchissimo passato di epoca romana. E’ appunto recentissimo il rinvenimento di due nuovi corpi, nel periferico sito della villa suburbana di Civita Giuliana.
Si tratta di una grande e ricca azienda agricola appena fuori il percorso murario della città romana, la stessa fattoria che negli ultimi anni aveva visto il ritrovamento di tre magnifici cavalli, di cui uno riccamente bardato, forse pronti per l’imminente fuga, che però non avvenne, poiché fu anticipata dalle due fatali eruzioni.
E forse il magnifico sauro con le finissime bardature apparteneva ad uno dei due uomini che gli archeologi hanno prima individuato nel sottosuolo, tramite scansioni e endoscopie, che hanno rivelato degli “spazi vuoti” nella spessa crosta di materiale vulcanico, e poi con la perfezionata tecnica dei calchi in gesso, ne hanno ricavato delle figure estremamente dettagliate.
E proprio l’accuratezza dei dettagli che questa tecnica, decisamente implementata rispetto i famosi calchi fatti nella seconda metà dell’Ottocento, che ha permesso di fare ipotesi più precise su chi fossero i due personaggi. Il primo, più robusto e maturo (con un età stimata intorno ai quarant’anni), riccamente vestito e coperto da un pesante mantello di lana, accompagnato da quello che potrebbe sembrare il suo giovane servitore.
Il primo portava con se diverse monete d’argento e bronzo, mentre le ossa del secondo, seppur forse non ancora ventenne, hanno rivelato lesioni, forse dovute a logoranti mansioni, che hanno fatto supporre fosse uno schiavo.
In ogni modo, che si tratti del proprietario della villa, di un ospite, o magari un magistrato o un ricco mercante recatosi a Pompei per un viaggio di lavoro col suo servitore, i due si erano riparati sotto la volta del criptoportico della villa, che però era crollato sotto il peso dell’incessante pioggia di ceneri e lapilli della prima eruzione. Ma forse erano ancora vivi quando il flusso piroclastico della seconda attività eruttiva li ha raggiunti, con polveri e vapori bollenti che li ha ricoperti, conservando le loro sagome.
Sagome di persone “congelate” in un istante di vita di quel fatidico anno 79 d.C., bloccate in un’istantanea in gesso e materiale vulcanico, che non avremmo mai immaginato di poter vedere, se non fosse per quella cruda ed impietosa, ma certamente emozionante, macchina del tempo che è Pompei.
Ph. Credit: Luigi Spina / Pompei Parco Archeologico / MIBACT
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