L’Università di Edimburgo e l’University College di Londra guidati dalla professoressa Ruth Andrew, cattedra di endocrinologia farmaceutica a Edimburgo, hanno condotto una ricerca incentrata a capire il legame tra diabete e terapia per la prostata.
I ricercatori hanno scoperto che i farmaci prescritti per la cura di patologie prostatiche, primo tra tutti il finasteride, possono fare da grilletto all’instaurarsi del diabete di tipo 2, il diabete insulino non dipendente, questo poichè essi rallentano il metabolismo del corpo e lo rendono meno sensibile all’azione dell’insulina, il tanto conosciuto ormone pancreatico.
Un inibitore della 5-alfa-reduttasi, enzima che produce il più potente ormone della famiglia degli androgeni, utilizzato per il trattamento della ipertrofia prostatica benigna (BPH), un accrescimento anomalo non canceroso della prostata, la quale a causa dell’intimo rapporto con la vescica può causare problemi di diminuita continenza proprio per l’aumento di volume prostatico.
Per determinare gli effetti sulla salute del farmaco, i ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche di 55.275 uomini nel Regno Unito a cui erano stati prescritti inibitori della 5-alfa-reduttasi per il loro BPH per 11 anni.
Il risultato mostra che il rischio di sviluppo di diabete di tipo due è circa di un terzo aumentato in questi pazienti, un valore abbastanza importante, “Questi risultati saranno particolarmente importanti per lo screening sanitario negli uomini anziani che sono già tipicamente ad alto rischio di diabete di tipo 2“, ha affermato la professoressa Andrew.
Il professor Andrew sostiene che i ricercatori continueranno a studiare pazienti che assumono questi farmaci per aiutarli a capire meglio chi è maggiormente a rischio, ma che chi ne ha bisogno dovrebbe ugualmente continuare a prenderli anche alla luce dello studio effettuato, magari valutando con il proprio medico di famiglia possibili metodi di cura alternativi una volta ponderati i rischi ed i benefici della terapia convenzionale.
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