Mentre l’uomo si spinge oltre i confini del nostro Pianeta esplorando lo spazio, sulla Terra vi sono luoghi che ancora non conosciamo affatto. Le profondità oceaniche sono tra quei luoghi sulla Terra ancora avvolti nel mistero e quasi due terzi della vita sui fondali marini non sono stati ancora scoperti.
Secondo un nuovo studio infatti, sui fondali marini ed oceanici vi sono molte più forme di vita che nelle zone più superficiali. Sembrerebbe inoltre che tutta questa vita, a noi ancora sconosciuta, sia coinvolta nella regolazione del clima terrestre.
La grande abbondanza di vita nei sedimenti e nei fondali marini, è stata individuata sequenziando il DNA presente nei sedimenti di acque profonde in tutto il mondo. Queste analisi hanno portato i ricercatori a scoprire che c’è almeno tre volte più vita sul fondo del mare di quanta ce ne sia nelle zone più alte nell’oceano. Inoltre, quasi due terzi di quella vita non sono stati ancora formalmente identificati.
Come spiega a Live Sciences il coautore dello studio Andrew Gooday, biologo di acque profonde e borsista emerito presso il National Oceanography Center in Inghilterra, la cosa sconvolgente di questo studio è che la maggioranza delle specie sconosciute non sono microrganismi semplici. Bensì si tratta di “molta nuova diversità al livello tassonomico più alto”. Ovvero si tratta di animali evoluti, appartenenti a interi lignaggi evolutivi sconosciuti. Sui fondali marini dunque ci sono intere famiglie di specie ancora in attesa di essere scoperte.
A differenza di altri studi, condotti sul DNA presente nelle colonne d’acqua degli strati superficiali di mari ed oceani, questo nuovo studio si è concentrato sui sedimenti dei fondali e sulle profondità più oscure di mari ed oceani.
All’interno dei sedimenti di acque profonde i ricercatori hanno prelevato e sequenziato il DNA proveniente da 418 campioni raccolti da tutti i principali bacini oceanici tra il 2010 e il 2016. I risultati ottenuti sono stati poi messi a confronto con i dati genetici provenienti dalle altre zone più superficiali degli oceani.
Per individuare con esattezza le specie che appartenevano solo al fondale oceanico, i ricercatori hanno dunque per prima cosa eliminato tutto il materiale genetico che sapevano provenire dagli animali morti i cui corpi sono poi sprofondati adagiandosi sui fondali. Il DNA rimanente apparteneva dunque ad esseri viventi che abitualmente abitano le profondità oceaniche.
Una volta individuato il DNA delle specie delle profondità oceaniche, il team si è concentrato su alcune sequenze genetiche e sulle loro varianti che permettono di stabilire a quale gruppo appartengano le diverse specie, cercando così di individuare quali fossero le famiglie e gli ordini presenti nei fondali oceanici.
Con loro grande sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che la maggioranza del DNA presente nei sedimenti, apparteneva ad un gruppo sconosciuto, non presente nell’albero della vita a noi conosciuto. Nelle profondità oceaniche dunque, vive qualcosa di completamente sconosciuto.
Inoltre il team si è concentrato solo sul DNA eucariotico di piccoli organismi. Mentre animali più grandi non sono stati sequenziati, quindi la ricchezza della vita in acque profonde è probabilmente persino maggiore di quella scoperta in questo nuovo studio. Inoltre Gooday ricorda che le ricerche si sono concentrate solo sul DNA contenuto all’interno dei sedimenti e non negli affioramenti rocciosi o in altre nicchie di acque profonde dove potrebbero vivere altri organismi.
Grazie a questa ricerca inoltre, il team ha acquisito nuove ed importanti informazioni sul ruolo svolto dalle profondità oceaniche nella cosiddetta pompa biologica. Si tratta di un processo mediante il quale gli organismi oceanici, come il fitoplancton, assorbono il carbonio dall’atmosfera nelle zone superficiali e poi alla loro morte, affondando, lo trasportano sui fondali, dove il carbonio rimane poi intrappolato nei sedimenti delle profondità oceaniche.
Grazie ai loro studi sul DNA, in base alla composizione del materiale genetico presente nei sedimenti, i ricercatori potrebbero essere in grado di prevedere la forza della pompa biologica e di stabilire quali comunità di plancton svolgono un ruolo maggiore nell’assorbimento dell’anidride carbonica e nella regolazione del clima terrestre.
Foto di PublicDomainPictures da Pixabay
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