Il dibattito sulla relazione tra il tempo trascorso davanti allo schermo e lo sviluppo del bambino è sempre più acceso, specie dopo l’implementazione di divieti nei Paesi europei come la Francia e, più recentemente, nei Paesi Bassi. Tuttavia, la ricerca e le evidenze sulla questione sono ancora in fase di sviluppo, sollevando interrogativi sulla coerenza delle politiche attuate.
L’implementazione del divieto di dispositivi come telefoni cellulari e tablet nelle aule, mirata a ridurre le distrazioni durante la giornata scolastica, ha sollevato domande sulla validità delle politiche rispetto alle prove disponibili. La ricercatrice post-dottorato Karen Mansfield dell’Università di Oxford ha dichiarato che le prove attuali sono “assolutamente non scolpite nella pietra” e che le recenti revisioni sugli effetti del tempo trascorso davanti allo schermo sui bambini mostrano risultati contrastanti.
La neuropsicologa cognitiva Tiziana Metitieri ha evidenziato le limitazioni delle misurazioni attuali del tempo trascorso davanti allo schermo, basate su dati auto-segnalati, sottolineando che l’enorme quantità di tempo trascorso non è sufficiente per comprendere appieno l’impatto sullo sviluppo cognitivo e psicologico. Metitieri ha sottolineato la diversità delle esperienze digitali in termini di contenuto, dispositivo e contesto.
Il rapporto dell’UNESCO ha evidenziato una correlazione tra l’uso eccessivo del telefono cellulare e la riduzione del rendimento scolastico e della stabilità emotiva. Tuttavia, Mansfield ha sollevato la preoccupazione che le politiche siano in anticipo rispetto alle evidenze disponibili, con richiami a vietare gli smartphone nelle scuole nel Regno Unito e in Canada senza prove sufficienti sui benefici a lungo termine.
Gli esperti concordano sulla complessità della questione, suggerendo che lo screentime come concetto ha limiti, e le linee guida politiche devono fare attenzione nell’interpretare prove ancora limitate. Gli schermi digitali possono essere produttivi per i bambini, specialmente se utilizzati per scopi educativi, ma la chiave è identificare ciò che costituisce un consumo ragionevole dei media digitali.
Sakshi Ghai, ricercatore post-dottorato di Mansfield, ha sottolineato che la definizione di screentime è complessa e che le linee guida devono prestare attenzione ai diversi contesti e alle attività. Gli schermi digitali possono avere benefici, ma la chiave è l’ambiente relazionale in cui si verificano queste esperienze.
La discussione si estende alla questione dei divieti scolastici, con esperti come Metitieri che sconsigliano approcci eccessivamente restrittivi, suggerendo che il modo migliore per affrontare i cambiamenti è attraverso una combinazione di esperienze offline ed educazione digitale.
In conclusione, il tempo davanti allo schermo dei bambini è un argomento complesso che richiede una comprensione approfondita del contenuto e del contesto. Mentre i divieti vengono implementati in diverse parti del mondo, gli esperti sottolineano la necessità di basare le politiche su evidenze solide e di educare genitori e insegnanti su pratiche digitali sicure e bilanciate. La ricerca continua e l’elaborazione politica ponderata rimangono cruciali in un’era sempre più digitale.
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