Un attributo innato per l’uomo è la capacità di sincronizzare i movimenti con i suoni che percepiamo. Un esempio di ciò è quando muoviamo i piedi al ritmo di una canzone – succede senza sforzo o allenamento. E anche i bambini lo fanno.
Inoltre, ha importanti implicazioni cognitive. Durante l’infanzia, la capacità di sincronizzarsi con il ritmo predice le prestazioni in compiti relativi al linguaggio. La capacità di sincronizzare spontaneamente i movimenti del corpo a un ritmo esterno è una caratteristica distintiva delle specie che imparano le loro vocalizzazioni. Questi includono foche, pipistrelli, alcuni uccelli e anche umani, appunto.
Esiste una relazione apparente tra la nostra capacità di parlare e la sincronizzazione audiomotoria. Lo studio di questo fenomeno si è concentrato per ora sull’esplorazione di come i movimenti del corpo si sincronizzano con il ritmo di un metronomo e con i ritmi musicali. Tuttavia, non sappiamo come questa sincronia si trasferisca alla capacità cognitiva che ci definisce come una specie: la parola.
Esiste una sincronizzazione spontanea tra i gesti motori che originano la parola (movimenti di lingua, mascella e labbra) e i ritmi percepiti dalla parola? Per rispondere a questa domanda, è stato progettato un test comportamentale in cui i partecipanti ripetevano continuamente la sillaba “ta” mentre ascoltavano diverse sillabe presentate ritmicamente tra 4 e 5 sillabe al secondo.
Questo protocollo ha rivelato un fenomeno nuovo e inaspettato: la popolazione è divisa in due gruppi. Mentre alcune persone allineano automaticamente il ritmo prodotto al ritmo percepito, altri continuano a ripetere le sillabe a un ritmo diverso da quello che percepiscono.
L’effetto è sorprendentemente robusto e osservato in campioni con centinaia di partecipanti in condizioni diverse. Inoltre, rimane stabile anche tra le misurazioni completate in diverse sessioni. Tutto ciò suggerisce che è una caratteristica intrinseca di ogni individuo.
Questi risultati comportamentali invitano alla seguente domanda: questi gruppi riflettono il modo in cui sono organizzati i cervelli delle persone? Per rispondere a questo, 20 individui di ciascun gruppo sono stati studiati usando diverse tecniche di neuroimaging.
In primo luogo, è stato completato uno studio sulla magnetoencefalografia (MEG) in cui è stata registrata l’attività neuronale dei partecipanti durante l’ascolto passivo di sequenze di sillabe ritmiche – senza pronunciare la sillaba “ta” come nel test comportamentale.
I soggetti con elevata sincronizzazione avevano una maggiore sincronizzazione dello stimolo cerebrale rispetto a quelli con bassa sincronizzazione. La sua attività neuronale nelle aree del cervello coinvolte nella pianificazione del linguaggio motorio oscilla alla stessa frequenza delle sillabe percepite.
Ciò significa che anche le regioni legate alla produzione vocale sono coinvolte nella percezione del parlato, il che probabilmente aiuta a tenere il passo con il ritmo del linguaggio che ascoltiamo.
Dopo aver osservato le differenze nel livello neurofisiologico, i dati sulla diffusione della risonanza magnetica sono stati acquisiti dagli stessi soggetti per quantificare le possibili differenze anatomiche nella sostanza bianca del cervello.
La sostanza bianca è il tessuto connettivo del cervello, fibre nervose che consentono la comunicazione tra regioni cerebrali distanti. Il fascio di fibre che unisce le aree corticali tradizionalmente correlate alla produzione e alla percezione del parlato – il fascicolo arcuato sinistro – dei partecipanti ad alta sincronia ha dimostrato di avere un volume maggiore rispetto al resto dei partecipanti.
Inoltre, il risultato anatomico è correlato al risultato neurofisiologico: un volume maggiore dell’arco sinistro determina una maggiore sincronizzazione dello stimolo cerebrale.
Infine, per valutare se i test comportamentali hanno implicazioni per aspetti della vita quotidiana, è stato testato un nuovo gruppo su un compito di apprendimento delle parole. Individui con alta sincronizzazione sono stati trovati per trovare più facile imparare nuove parole rispetto a quelle basse.
I ricercatori ritengono che questi risultati aiuteranno a caratterizzare meglio le differenze individuali, portando a nuovi risultati sull’elaborazione del parlato e sull’apprendimento delle lingue che, combinando popolazioni con attributi diversi, potrebbero essere mascherati.
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