Da molto tempo siamo a conoscenza del fatto che il riscaldamento globale è in grado di influenzare le correnti oceaniche, ma abbiamo ancora molti dubbi sui dettagli di questa relazione e su quelle che potrebbero essere le conseguenze a lungo termine per il clima della Terra. Per questo in un nuovo studio, alcuni ricercatori australiani, hanno cercato di capire come siano cambiate le correnti oceaniche e come le temperature le abbiano influenzate nel corso dei millenni.
Per condurre la loro ricerca, il team di scienziati, guidato dalla sedimentologa Adriana Dutkiewicz, dell’Università di Sydney in Australia, ha esaminato i dati che risalgono a 66 milioni di anni fa, relativi a 293 siti diversi. Ciò è stato possibile osservando le lacune negli strati sedimentari, note come iati, che permettono di stimare la forza variabile delle correnti oceaniche nel corso dei millenni e la loro correlazione con i cambiamenti di temperatura.
Questa analisi ha fornito un incredibile quantità di dati che vanno ben oltre i 30 anni di immagini satellitari a nostra disposizione che sono stati, sino ad ora, la fonte di informazione maggiormente usata dagli scienziati per studiare l’attività delle correnti oceaniche e la sua relazione con il riscaldamento globale.
Come spiega infatti Dutkiewicz, “i dati satellitari in genere utilizzati per informare i modelli oceanici coprono solo pochi decenni, portando a una scarsa comprensione della variabilità oceanica a lungo termine. Questo ci ha spinto ad esaminare la documentazione geologica delle acque profonde per decifrare questi cambiamenti”.
Grazie alle loro ricerche, il team ha scoperto che negli ultimi 13 milioni di anni, mentre la Terra si raffreddava gradualmente dopo un periodo di “clima serra”, gli iati dei sedimenti sono diventati meno frequenti. Ciò suggerisce che la velocità delle correnti nelle parti più profonde dell’oceano, è complessivamente rallentata.
Invece nel periodo che ha preceduto l’era di raffreddamento di 13 milioni di anni, il nostro Pianeta viveva un periodo di “clima serra”, in cui le temperature globali sarebbero state di 3-4°C più alte di quelle attuali e la circolazione oceanica profonda sembrava essere molto più attiva.
Come spiega il coautore dello studio, il geofisico Dietmar Müller dell’Università di Sydney, lo studio dei sedimenti è stato fondamentale per comprendere i cambiamenti delle correnti oceaniche profonde ed il loro rapporto con i cambiamenti nelle temperature.
Müller afferma infatti che “un’interruzione nella sedimentazione indica vigorose correnti di acque profonde, mentre l’accumulo continuo di sedimenti indica condizioni più calme. La combinazione di questi dati con le ricostruzioni dei bacini oceanici ha consentito ai geologi di tracciare dove e quando si sono verificate queste rotture di sedimenti”.
Questo tipo di ricerche sono fondamentali per migliorare le nostre previsioni future sul modo in cui il riscaldamento globale influenzerà le correnti oceaniche ed il clima in futuro. Migliore è la nostra comprensione del passato e maggiore è la quantità di dati, più precisi saranno i modelli previsionali.
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