Il riscaldamento globale e l’aumento delle temperature che provoca anomale ondate di calore nelle acque è la principale causa dello sbiancamento dei coralli. L’acqua troppo calda del mare infatti stressa i coralli e le alghe fotosintetiche da cui dipendono per l’energia e che donano ai coralli i loro colori brillanti, le zooxantelle.
Lo stress termico infatti compromette il corretto funzionamento delle zooxantelle che vengono espulse dai coralli, provocando la loro perdita di colore, da qui lo sbiancamento, e la loro difficoltà nel nutrirsi, il che li porta alla morte. Questo fenomeno è oggi cinque volte più frequente rispetto a quarant’anni fa.
Lo sbiancamento dei coralli è un serio problema che pone fortemente a rischio i delicati e preziosi ecosistemi delle barriere coralline. Per questo gli scienziati sono continuamente a lavoro per cercare di trovare una soluzione, prima che sia troppo tardi e prima che questi ecosistemi vadano perduti.
A questi sforzi si aggiunge il nuovo studio condotto da Yvonne Sawall, assistente ricercatrice presso il Bermuda Institute of Ocean Sciences (BIOS), la quale sta lavorando su un sistema di risalita artificiale (AU – Artificial Upwelling) delle più fredde acque dei fondali oceanici, per mitigare l’innalzamento della temperatura dell’acqua a livello delle barriere coralline.
La risalita (upwelling in inglese) è un processo oceanografico naturale in cui i venti spingono via le acque superficiali da zone poco profonde, come le coste e la barriere coralline, consentendo la risalita di acque profonde e fredde in superficie. Le acque dei fondali sono più fredde e ricche di nutrienti, spesso infatti il fenomeno di risalita è una componente essenziale per il mantenimento di ecosistemi marini.
L’AU è un metodo di geoingegneria già conosciuto negli allevamenti ittici, che utilizza delle pompe per portare in superficie l’acqua dal fondo dell’oceano. Questo stesso metodo può essere utilizzato anche per raffreddare le acque superficiali durante le ondate di calore che mettono a rischio i coralli.
Per condurre le loro ricerche e cercare di determinare in che modo regolare l’AU per prevenire lo sbiancamento dei coralli, i ricercatori hanno preso in esame tre specie di corallo delle barriere coralline nelle acque poco profonde delle Bermuda: la Montastrea cavernosa, la Porites astreoides e la Pseododiploria strigosa.
Alcuni frammenti di questi coralli, raccolti ad una profondità di 5 metri, sono stati raccolti e posizionati in acquari dove i ricercatori li hanno sottoposti a diverse condizioni per testare la validità dell’AU nel combattere lo stress termico che porta allo sbiancamento dei coralli.
I frammenti sono stati esposti a diverse condizioni di temperatura dell’acqua. In una vasca è stata simulata una temperatura media estiva attorno ai 28 °C, mentre in un’altra vasca sono state riprodotte le condizioni di stress termico che causano lo sbiancamento, con una temperatura media attorno ai 31 °C.
In altre due vasche invece è stato simulato lo stress termico e il relativo trattamento con impulsi giornalieri di acqua profonda più fresca da una profondità di 50 m a 24 °C in un caso e con impulsi giornalieri di acqua da una profondità di 100 m a 20 °C nell’altro.
Analizzando i dati raccolti durante gli esperimenti, il team ha stabilito che brevi intrusioni di acque profonde, per non più di due ore al giorno, possono mitigare lo stress termico nei coralli. Ciò era evidente nei livelli più elevati di prestazioni delle zooxantelle e questo effetto sembrava più forte nelle simulazioni con acqua da profondità maggiori.
Come ha affermato Sawall “il prossimo passo ora è stabilire le impostazioni di risalita artificiale adeguate per massimizzare i benefici, riducendo al minimo i potenziali effetti collaterali dannosi per i coralli e l’ecosistema che supportano “.
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