La morte dell’aviatrice americana Amelia Earhart è uno dei più grandi misteri della storia dell’aviazione. Earhart voleva diventare la prima donna a completare un viaggio completo intorno al mondo.
Tuttavia, la donna morì nel 1937, dopo essere partita da Papua Nuova Guinea verso l’isola di Howland, nel mezzo dell’Oceano Pacifico, dove non arrivò mai. Poco si sa delle circostanze della sua morte nel bel mezzo di quella fase del tragitto, ma negli ultimi decenni varie teorie sono state studiate da ricercatori e inquisitori. Un filmato scoperto di recente potrebbe mettere fine ai dubbi.
Per gli storici, almeno tre teorie principali si alternano: l’aereo di Earhart si schiantò contro il mare non appena decollò da Papua Nuova Guinea e l’aviatrice morì; o fu catturato dai giapponesi, che a quel tempo dominavano quella regione; o finì su un’isola deserta, dove sarebbe morta.
La scoperta di una serie di ossa umane sull’isola di Nikumaroro, nell’Oceano Pacifico, che corrispondeva alla morfologia di una donna con caratteristiche simili alla Earhart, ha fatto in modo che gli scienziati concentrassero gli sforzi di ricerca in quell’area. Ed è stato lì che sono stati scoperti utensili che potevano appartenere all’aviatrice.
Ma la prova più concreta è stato un pezzo di alluminio che i ricercatori ritenevano appartenessero all’aereo di Earhart. Il frammento è stato trovato da Sonar nel 1991 e, nel 2014, è stato identificato come parte del velivolo Earhart. “Questa è la prima volta che viene dimostrato che un oggetto trovato a Nikumaroro ha un collegamento diretto con Amelia Earhart“, ha commentato il direttore del Girah (Gruppo internazionale per Historic Aircraft Recovery).
Una registrazione video scoperta ora può dissipare ogni dubbio. È, secondo The Independent, una ripresa che mostra l’aviatrice rifornire l’aereo prima di decollare da Papua Nuova Guinea. Sarebbe un’immagine senza precedenti prima della partenza verso il passo fatale e dimostrare che la Earhart poi effettivamente sia morta sull’isola di Nikumaroro
Risalente al 1937, la registrazione ha una qualità dell’immagine molto scarsa ed è stata fatta da un ingegnere minerario della Papua Nuova Guinea. Era in possesso di una donna a cui è era stato lasciato il video nel corso di un processo di separazione delle proprietà dopo il divorzio.
Nel 2008, la donna ha contattato il GIRAH e, per un decennio, ha negoziato il prezzo prima di venderlo ai ricercatori. Ora l’istituto sta cercando di raccogliere duemila dollari (1.767 euro) per scansionare il video in alta risoluzione e analizzare le immagini.
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