Sono maestri di strumenti tecnologici, ma ne sono anche le vittime. Al giorno d’oggi gli adolescenti sanno come usare un dispositivo elettronico e come trovare tutto su internet, ma non hanno esperienza e malizia per farla franca, nella vita reale così come nella vita virtuale, evitando i pericoli che possono sorgere.
Il loro rapporto con la tecnologia, che a un certo punto può diventare un rifugio sicuro e confortevole, è uno degli aspetti analizzati nel convegno “I #supereroi fragili, gli adolescenti di oggi in mezzo a difficoltà e opportunità“, organizzato dal Centro Studi Erickson al Palacongressi di Rimini, avuto luogo dal 10 all’11 maggio. Un problema che a volte porta a sviluppare dipendenze reali, come ad esempio la sindrome di hikikomori, ovvero quando i ragazzi rimangono chiusi nella stanza e rifiutano qualsiasi aiuto. Hanno come unica finestra il mondo del PC.
“Gli adolescenti sono nell’era della sperimentazione, dell’identità, perché devono capire quello che sono, i mezzi di comunicazione sono occasioni di esperienza, comprese le sensazioni, conoscendo i loro limiti“, spiega Simone Mulargia, professore presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma, dove vengono insegnate discipline come Sociologia della comunicazione, Internet e Social Media negli studi, Teoria e analisi del pubblico. “Comprendere i tuoi limiti non è una cosa negativa perché fa parte della crescita, diventa negativo quando i bambini vengono lasciati soli perché, è bene ricordare che i media sono un’opportunità ma anche un pericolo: più i bambini sono in Rete, maggiore è l’opportunità di imbattersi in pericoli“.
È necessario costruire insieme un percorso per proteggersi dai pericoli, quando è presente, che dia gli strumenti per guarire. “Il primo passo è parlare con i genitori perché è vero che gli adolescenti hanno le conoscenze tecniche per muoversi sul web e nel sociale, ma non hanno le capacità strategiche e informative: non sai come costruire una strada da solo“, spiega l’esperto. “Ad esempio, non sanno come distinguere le notizie false dalle notizie reali; un modo per farlo, ad esempio, è leggere in classe, l’amato vecchio giornale“.
Il ruolo dei genitori per costruire queste abilità è fondamentale. E d’altra parte, hanno sete di conoscenza. Tra le prime domande poste dagli esperti c’è: “Quanto tempo possono passare i bambini davanti allo schermo ogni giorno?“. Le risposte che giungono loro sono spesso contraddittorie. “A questo punto siamo consapevoli del fatto che siamo responsabili, dal momento che la tecnologia funziona e ogni settimana ne vengono valutati i nuovi aspetti“, dice Mulargia. “Dobbiamo chiarire le cose prima di parlare con i genitori, altrimenti non faremo nulla, se non confonderli. Ma è molto complicato per noi stare dietro alla continua evoluzione tecnologica. Potete trovare, però, alcuni elementi di base per aiutare i ragazzi a creare quell’armatura di cui si stava parlando prima: l’ascolto, la presenza e sapere sempre cosa fanno quando sono davanti allo schermo. I genitori non dovrebbero smettere di fare agli adulti, perché se i bambini nascono ‘digitali’, sono comunque ancora bambini e hanno grandi bisogni. Sì, a volte è più conveniente lasciare i bambini alla cosiddetta “bambinaia virtuale”, ma occorre partecipare cercando di farne a meno e, soprattutto, controllarli quando usano i media, aumentando la supervisione del modo in cui crescono, la loro sfera di autonomia e sperimentazione“.
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