Se la nostra conoscenza dello spazio fosse limitata al nostro sistema solare, saremmo portati a pensare che tutti i pianeti dell’universo siano disposti in maniera così “ordinata“. Tutti orbitano su un unico piano allineato con l’equatore del Sole e si muovono nella stessa direzione. Questo è il modo ideale in cui i corpi celesti dovrebbero comportarsi, considerando che i pianeti si formano da un singolo disco di materiale cosmico che ruota attorno ad una stella. Tuttavia, grazie allo studio dei sistemi esosolari, abbiamo scoperto che le cose non stanno esattamente così in tutto l’universo, come ad esempio i pianeti che orbitano in direzioni opposte.
Mentre alcune di queste “bizzarrie” possono essere spiegate dalle interazioni gravitazionali in sistemi con più pianeti, potrebbero però subentrare condizioni particolari in virtù delle quali i pianeti potrebbe seguire orbite “anomale”. Partendo da questa base, i ricercatori hanno studiato un sistema esosolare in cui sembra che ciò stia accadendo. Il sistema stellare in questione si chiama GW Orionis e si trova nella costellazione di Orione, a circa 1.250 anni luce dalla Terra. Il sistema è giovane, ancora in fase di formazione, ed è composto da tre stelle. Due di esse orbitano l’una vicino all’altra all’incirca alla stessa distanza della Terra dal Sole. Una terza stella orbita invece attorno a queste due ad una distanza pari a circa otto volte la distanza tra la Terra e il Sole.
I ricercatori hanno osservato il sistema per 11 anni, lasso di tempo che ha permesso loro di ottenere informazioni orbitali abbastanza precise. Ed è proprio con riguardo all’orbita che le cose diventano complicate. L’orbita della stella più esterna è inclinata di 13 gradi rispetto al piano dell’orbita delle due stelle. Tuttavia, questo non sorprende: sistemi con più stelle si formano partendo da una grande nuvola di gas e di altri materiali cosmici, che poi collassa. Piuttosto che avvenire su un piano “ordinato”, però, il collasso si verifica in un ambiente turbolento e tridimensionale, che spesso crea orbite completamente disallineate.
Ma le orbite delle tre stelle hanno avuto conseguenze importanti sul disco di gas e polvere che si è formato attorno ad esse. Questo disco è apparso anche durante il lungo processo di imaging in cui i ricercatori si sono cimentati e i risultati sono stati piuttosto complessi da interpretare. Le immagini del disco rivelano infatti un disordinato schema di chiazze luminose e scure che circondano le stelle, insieme ad almeno tre diversi anelli di materiale denso situato all’interno del disco. La nuova analisi ha perciò avuto lo scopo di generare un modello tridimensionale del sistema studiato e il risultato finale è stato un sistema dotato di una disposizione fisicamente plausibile del materiale che circonda le stelle di GW Orionis, seppure molto disordinata.
Nel modello, le orbite delle stelle tracciano percorsi con una direzione diversa da quella che la terza stella segue nel suo “viaggio” intorno alle altre due. Il terzo anello, al contrario, è orientato sullo stesso piano di quello delle stelle, ma il suo centro non corrisponde a quello delle orbite delle stelle. Fisicamente, sarebbe plausibile se ci fosse un unico disco di materiale che circonda tutte e tre le stelle; invece, sembra essere presente un grande disco esterno che si compenetra con un altro. Ma, più vicino al centro del sistema, il disco risulta inclinato e si nota una “rottura” tra l’anello esterno e quello interno, come se l’anello interno fosse stato spinto verso l’alto.
Se il modello ottenuto dagli scienziati è corretto, potremmo trovarci di fronte al primo caso di quello che viene chiamato “disc tearing“, fenomeno in cui il disallineamento del materiale e delle stelle crea forze che possono rompere il disco di polveri e materiale cosmico. Gli autori hanno quindi considerato il loro modello e lo hanno fatto “avanzare nel tempo” sotto le forze gravitazionali prodotte dalle stelle; il risultato è stato che il sistema si è diviso in una serie di dischi separati, ciascuno orbitante su un piano diverso.
Tuttavia, questo non vuol dire che i pianeti non possano formarsi in questo complesso ambiente gravitazionale. Gli autori stimano infatti che ci siano circa 30 masse planetarie di materiale nell’anello più interno, più che sufficienti per formare un pianeta. Resta però il mistero su ciò che potrebbe generare effettivamente lo “strappo” del disco. Si spera quindi, grazie a queste osservazioni, di avere maggiori possibilità di trovare una risposta a domande come questa; sarebbe davvero sensazionale riuscire a scoprire altri sistemi solari di questo tipo, magari senza aspettare altri 11 anni!
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