Foto di Brooke Lark su Unsplash
I social sono utilissimi per farsi conoscere, ma si sa bene che hanno tante altre potenzialità che si possono sfruttare. Oggi sono parte integrante di un complesso ecosistema di vendita, capace di portare risultati anche in termini di fatturato.
A differenza dei primi anni, tuttavia, il confine tra comunicazione e conversione si è assottigliato, anche perché le persone sono sempre più propense a interagire o acquistare online.
E per rendere questo percorso davvero efficace, ci vuole un flusso di vendita orientato al risultato, che non presenti intoppi e che si rivolga solo a chi è potenzialmente o realmente interessato. In altre parole, ci vuole una strategia ben strutturata, capace di aumentare le vendite con il social eCommerce.
Le principali piattaforme social offrono funzionalità native per vendere direttamente all’interno dell’app. Instagram e Facebook, anche se in modalità differenti in base al Paese, permettono la creazione di vetrine digitali e cataloghi prodotto con checkout integrato. TikTok, invece, dopo aver lanciato la sezione “Shop”, sta ampliando le funzioni e l’integrazione con marketplace esterni.
A questi si aggiungono tool e piattaforme terze che si integrano con i social per migliorare la gestione dei cataloghi, la raccolta degli ordini o l’analisi dei dati. Alcuni esempi? Shopify, WooCommerce, Ecwid, Manychat per la vendita automatizzata via chatbot, oppure strumenti come Linktree con funzionalità eCommerce.
Nel panorama B2B, LinkedIn si presta meno alla vendita diretta, ma è una leva potentissima nel percorso di social selling, cioè la costruzione di relazioni che portano a conversioni.
Non esiste un “migliore” in senso assoluto, esiste ciò che funziona meglio in base agli obiettivi, al pubblico e al modello di business. La scelta degli strumenti di social commerce deve partire da un’analisi che risponda a domande come:
In genere, con un catalogo ridotto, si può sfruttare Instagram Shopping, mentre un brand con centinaia di referenze potrebbe preferire una piattaforma eCommerce integrata, e magari usare i social come canali di acquisition.
Anche il budget e le risorse contano: alcuni strumenti sono semplici da gestire internamente, altri richiedono un partner tecnico o un team dedicato.
L’importante è valutare tutto in ottica di sostenibilità operativa e ritorno sul tempo investito.
Il social commerce non è una scorciatoia, è un processo. E come ogni processo richiede un approccio strategico, che metta al centro l’utente, le sue abitudini e i suoi desideri.
Tra le strategie più efficaci troviamo, al primo posto, il video selling, che con dimostrazioni, unboxing, dirette e reel emozionali accorcia la distanza tra prodotto e persona.
A seguire ci sono i modelli di conversational commerce, cioè la vendita tramite messaggi diretti, chatbot o assistenti automatici per aumentare la propensione all’acquisto riducendo le frizioni. E infine, ci sono le collaborazioni con i creator, grazie ai quali è possibile parlare al pubblico mostrando il prodotto in modo credibile e sincero.
Non ci sono ricette magiche. I primi segnali possono arrivare anche nel giro di poche settimane, ma i risultati più solidi e duraturi si costruiscono nel tempo. Il punto non è “vendere un prodotto”, bensì costruire relazioni e un posizionamento.
Le metriche da monitorare variano a seconda del tipo di azione: CTR, ROAS, conversion rate, ma anche tasso di risposta, commenti, salvataggi, tempo di visualizzazione dei video: sono tutti segnali che indicano se si sta creando un’esperienza efficace o se qualcosa va ripensato.
Il consiglio è semplice: iniziare con una strategia breve, semplice e chiara, che contempli il monitoraggio dei dati per raggiungere piccoli obiettivi, un passo alla volta. I social funzionano, ma premiano la costanza.
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