Il Sole sembra essere molto meno attivo rispetto alle altre centinaia di stelle simili presenti nella nostra galassia, il che potrebbe essere significativo nella storia della vita nel nostro sistema solare. Il Sole, come tutte le stelle, è una sfera di plasma alimentato a fusione. Dalla sua superficie emergono linee di campo magnetico che possono causare macchie scure note come macchie solari. Man mano che l’attività di queste spirali magnetiche aumenta si generano tempeste solari, che “sparano” radiazioni in tutto il nostro sistema solare. Se un numero sufficiente di queste onde dovesse colpire un pianeta, questo potrebbe uscirne devastato al punto che nessuna forma di vita potrebbe svilupparsi.
Ma se ciò è vero, come mai sul nostro pianeta la vita è riuscita a nascere e prosperare? Uno studio pubblicato sulla rivista Science suggerisce che il nostro sole è piuttosto debole rispetto ai suoi simili, e che centinaia di altre stelle simili al Sole nella nostra galassia hanno in media cinque volte più attività magnetica rispetto ad esso. In altre parole, il Sole è più “pigro”, il che potrebbe essere stato determinante per la nascita della vita sulla Terra. Gli astronomi hanno studiato le macchie solari sin dai tempi di Galileo, sviluppando nel tempo notevoli conoscenze in merito.
“L’inconsueta ‘calma‘ del Sole rispetto alla media ci fa sorgere una domanda: quanto ha inciso la nostra stella sulla nascita della vita?“, Ha dichiarato Timo Reinhold, astrofisico dell’Istituto Max Planck per la ricerca sul Sistema solare di Gottinga, in Germania. Il dottor Reinhold e i suoi colleghi hanno esaminato i dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler della NASA, che ha monitorato continuamente circa 150.000 stelle nella Via Lattea per quattro anni per trovare esopianeti, ed è stato in grado di osservare le variazioni di luminosità del Sole.
I ricercatori hanno selezionato stelle con massa, temperatura, età, composizione chimica e periodi di rotazione paragonabili a quelli del nostro sole. Alla fine, hanno trovato 369 stelle simili, il più grande campione di questo tipo raccolto fino ad oggi. Le stelle come il Sole attraversano cicli regolari durante i quali le macchie solari si formano sulle loro superfici con maggiore o minore frequenza. Durante i periodi di picco dell’attività magnetica, quando le macchie spuntano su tutta la superficie, la stella diventa meno luminosa; ma nel Sole, questo oscuramento è un fenomeno molto blando.
Natalie Krivova, co-autrice e astrofisica del Max Planck, ha affermato che i dati delle carote di ghiaccio, che contengono indicatori chimici dell’attività solare risalenti a 9.000 anni fa, non suggeriscono che il Sole fosse più attivo in un passato geologicamente recente. Un’idea, afferma la dottoressa Krivova, è che la dinamo magnetica all’interno del Sole, che alimenta il suo colossale campo magnetico, stia raggiungendo la fine del suo stadio di maggior potenza, passando ad un periodo di attività ridotta. Le stelle più vecchie del Sole mostrano infatti una marcata riduzione dell’attività magnetica e la nostra stella sta per raggiungere l’età in cui dovrebbe verificarsi questo scenario.
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