Sei anni fa il Giappone aveva spedito della spazio una sonda il cui obiettivo era andare a raccogliere del materiale da un’asteroide e riportarlo sulla Terra. Una missione particolarmente complicata, ma che ha avuto successo in tutte le sue fasi, soprattutto nella parte di raccolta. Diverse ore fa Hayabusa2 è ritornata sulla Terra annunciandosi con una scia luminosa nel cielo notturno.
In realtà c’è subito da specificare che la sonda non è realmente tornata, ma ha scaricato una parte di sé, una capsula, che è rientrata nell’atmosfera; questa contiene i campioni. Il distaccamento è avvenuto sabato a una distanza di 220.000 chilometri dal nostro pianeta. L’atterraggio della capsula è avvenuto in Australia, nel deserto meridionale.
Il viaggio è durato sei anni, ma la parte più importante è avvenuta soltanto l’anno scorso quando la sonda si è approcciata all’asteroide Ryugu andando a raccogliere 0,1 grammi di materiale. Si tratta di molto poco, ma abbastanza per permette agli scienziati di scoprire qualcosa di più sullo spazio. Nonostante la pochezza del campioni, si tratta sia di materiale superficiale sia di materiale di profondità.
Perché è importante questo materiale? Gli esperti credono che il materiale di questa roccia spaziale, che l’anno scorso si trovava a quasi 300 milioni di chilometri di distanza, sia rimasto invariato per miliardi e miliardi di anni nel momento in cui l’universo si è creato. Materiale importante tanto che verrà condiviso con le agenzie spaziali di altri paesi.
La missione di Hayabusa2 non è finita qui però. La sonda continuerà a orbitare intorno al Sole per poi dirigersi verso altri asteroidi, l’ultimo dei quali dovrebbe essere raggiunto nel luglio del 2031.
Ph. credit: Space.com
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