La tecnologia dietro alle stampanti 3D ha facilitato molti aspetti della vita soprattutto dal punto di vista scientifico. Si possono creare oggetti piccoli e grossi, anche complesse, in pochissimo tempo con una facilità d’uso sorprendente. Un altro aspetto positivo è il poter creare qualcosa anche in ambiente non esattamente accessibili come la Stazione Spaziale Internazionale o la navicella russa Soyuz.
In questi giorni proprio i cosmonauti russi hanno stabilito un record riuscendo a stampare un tessuto vivente tramite una bioprinter. La stampata consiste in un tessuto cartilagineo umano e anche una ghiandola tiroidea dei roditori. Lo scopo è presto detto ovvero cercare di capire come la gravità, o meglio la microgravità, agisce sullo sviluppo propri dei tessuti e degli organi.
Questo progetto era previsto per avvenire mesi fa e a dire il vero era iniziata questo ottobre, ma la Soyuz MS-10 aveva subito dei danni costringendo l’equipaggio ad abortire il tutto. L’inconveniente aveva fatto danni anche la stampante che è potuta tornare in funzione solamente in un secondo tempo ovvero il 3 dicembre.
Ora che il tessuto è stato stampato bisogna passare al secondo passo ovvero lo studio di come la gravità agisce; i dati saranno fondamentali per i futuri viaggi spaziali. Come sappiamo gli effetti nella permanenza a gravità zero si sentono anche sugli organismi già sviluppato, soprattutto sul tessuto osseo e quello cardiovascolare, ma anche quello cerebrale. A meno di scoperte clamorose i viaggi spaziali lunghi saranno composto da bambini e bisogna scoprire la crescita viene influita dall’ambiente.
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