Il fotografo subacqueo Deron Verbeck si stava tuffando al largo della costa di Kona, nelle Hawaii, quando notò uno squalo pinna bianca oceanico con strane cicatrici sulla testa e sul dorso. Le ferite sembravano cerchi e punti e non c’erano segni di denti. Secondo alcuni scienziati marini che hanno analizzato al foto le ferite sarebbero state inferte da un calamaro piuttosto grande.
I ricercatori della FIU credono che questa sia la prima volta che questi segni vengano osservati su uno squalo. È impossibile dire con certezza cosa abbia attaccato lo squalo. Tuttavia gli scienziati non escludono la possibilità che lo squalo pinna bianca possa aver affrontato un calamaro gigante nelle profondità oceaniche.
I pinna bianca risiedono principalmente nella parte remota dell’oceano dove il cibo è scarso. Ciò li ha resi difficili da studiare. Una volta considerata una delle specie di squali più abbondanti al mondo, ora sono una specie a rischio.
Per più di un decennio questi enigmatici squali sono stati soggetti a studi. Utilizzando etichette di tracciamento e sensori speciali che registrano la velocità di nuoto, l’accelerazione e la profondità, i ricercatori sono stati in grado di scoprire dettagli sul loro comportamento.
I dati hanno dimostrato come gli squali si tuffino in profondità. Molto in profondità. A volte anche a 300 metri sotto la superficie. I ricercatori ritengono che uno dei motivi per cui lo fanno è per cercare cibo, compresi i calamari più piccoli. Quando un animale entra in quelle grandi profondità, però, entra nel territorio del fantasma degli abissi: il calamaro gigante.
La squadra non è sicura di cosa sia esattamente accaduto, ma credono che il calamaro avesse almeno le stesse dimensioni dello squalo — lungo sui due metri — forse anche più grande. Ma ciò non ha impedito allo squalo di inseguirlo.
Un gruppo di ricerca che ha registrato il primo video di un calamaro gigante nelle acque degli Stati Uniti, afferma che è molto probabile che lo squalo fosse a caccia. Dice che i segni dei tentacoli sono simili a quelli visti sui capodogli, che sono noti cacciatori di grandi specie di calamari. Per i ricercatori, questa interazione presenta più domande che risposte.
Secondo il team ancora non comprendiamo appieno le interazioni tra questi grandi animali nell’oceano aperto o come sono collegati gli ecosistemi superficiali e profondi. I risultati sono stati recentemente pubblicati sul Journal of Fish Biology.
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