Foto di Gareth Hubbard su Unsplash
Se ci sarà una parola del decennio, microplastica sarà sicuramente tra le pretendenti. Viviamo in una società che solo ora si è accorta di quanto si pervasiva la plastica i cui frammenti più piccoli ormai si trovano ovunque. Ogni cosa li rilascia, anche quelle più insospettabili. Se bere acqua da una bottiglietta sembra una provenienza ovvia, non si può dire lo stesso per le bustine di tè eppure si parla di miliardi di frammenti alla volta.
Una ricerca dell’Università autonoma di Barcellona hanno studiato le bustine del tè e si sono accorte che le singole dosi sono in grado di rilasciare miliardi di questi frammenti minuscoli per ogni millimetro d’acqua in cui sono immerse. La sorpresa sarà per lo più per quanto riguarda il materiale delle bustine, perché la dinamica invece è abbastanza nota. Il problema infatti è legato al caldo dell’acqua che reagisce con la plastica.
Le parole dei ricercatori: “Siamo riusciti a caratterizzare in modo innovativo questi inquinanti con una serie di tecniche all’avanguardia, che rappresentano uno strumento molto importante per far progredire la ricerca sui loro possibili impatti sulla salute umana. La composizione polimerica delle MNPL influenza significativamente le loro interazioni biologiche, portando a diversi bersagli ed effetti su organi, tessuti e cellule. Queste differenze possono determinare specifici modelli di accumulo, profili di tossicità, risposte immunitarie ed effetti sulla salute a lungo termine come genotossicità e cancerogenicità”
Allo stato attuale si può solo fare ipotesi sui possibili danni a medio e lungo termine dell’accumulo di microplastica del nostro organismo. Il fatto che anche bere un semplice tè caldo può introdurre nell’organismo miliardi di frammenti rende chiaro la grandezza del fenomeno.
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